sabato 27 marzo 2010

Buona Pasqua, ma non contribuite, anche quest’anno, alla strage degli agnelli

La preghiera dell'agnello

"Signore, sono un piccolo agnello, nato da un sogno della Tua creazione. A noi agnelli, per breve tempo ci è dato di brucare, sulle colline, l'erba madida di rugiada e scaldata dai primi raggi del sole.

C'è chi crede di poter festeggiare la Tua Pasqua vittoriosa con la nostra morte, una morte lunga, crudele. Assieme ad altri agnelli resterò appeso, da vivo, perché la mia carne sia più bianca, in attesa che l'ultima goccia di sangue esca dalle mie vene tra immense sofferenze.

Con la sensibilità allo spasimo e gli occhi lacrimanti, guarderò a Te, che hai voluto essere chiamato Agnello di Dio.

  Per questa Tua partecipazione al mio dolore, fa che possa almeno vivere assieme ai miei amici in quel soggiorno felice che è il Tuo paradiso, per specchiarmi per sempre nella limpidezza del Tuo amore eterno. Amen".

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Lui è un piccolo agnellino che sarà presentato sulle tavole degli italiani per la "tradizione" in segno di Pace. Ad appena un mese di vita verrà strappato alla mamma e stipato in un tir per essere trasportato. Se sopravviverà al viaggio estenuante, senza cibo né acqua, arriverà nell’inferno del macello.

Immobilizzato, stordito e infine sgozzato, morirà lentamente, per dissanguamento. Mentre ciò avviene gli altri agnellini assistono al massacro, percepiscono l’odore del sangue e attendono terrorizzati il loro turno, per essere poi uccisi allo stesso modo.

Ogni anno 900.000 agnelli, tolti prematuramente alle proprie madri, vengono immolati per le tavole degli italiani, in nome della tradizione.

Quest’anno rinunciate alla morte degli innocenti e festeggiate una Pasqua di pace per tutti!

Sarebbe un bell’atto di civiltà se la smettessimo con questa storia di mangiare l’agnello a Pasqua. Le persone, quasi tutte, mangiano anche altra carne durante tutto il corso dell’anno: bovini, suini, polli. Dunque si uccidono animali per soddisfare il fabbisogno alimentare in grandissime quantità e nei modi meno sopportabili.

Però far nascere qualcuno solo per ucciderlo è una crudeltà, punto e basta.

Questi poveri cuccioli vivono appena un mese. Alcuni vengono addirittura tenuti al buio, chiusi in piccole tinozze per farli ingrassare meglio e mantenerne la carne tenera. Il gusto dell’agnello piace perché non è forte come quello della pecora; piace perché, non essendosi ancora nutrito d’erba ma di semplice latte le sue carni conservano un sapore delicato.

La civiltà contadina, più abituata a vivere con gli animali, non subiva lo choc di dover uccidere -sgozzandoli- agnelli che avevano da poco cominciato a stare sulle proprie zampe. Rientrava nell’idea, comunque discutibile, che la natura e le tradizioni fossero d’accordo nella conservazione dell’usanza. Viene da lontano la consuetudine di uccidere l’agnello per la Pasqua, lo sanno gli ebrei e anche i cristiani. Ma oggi bisognerebbe in coscienza riconoscereche ben poco è rimasto di quelle giustificazioni.

Si mangia l’agnello per abitudine, perché se lo aspettano i nonni, i mariti, i parenti vari, perché una festa come quella di domenica senza l’agnello non sembra la stessa. La festa si sente solo così, mangiando, nel rispetto del menù.

Ci si contenta così, stordendosi nel cibo, quello che non segue a estenuanti digiuni religiosi, quello che ci vede già sazi, da sempre, anche prima di sederci di nuovo a tavola.

La carne d’agnello, servita con le patate e rosolata poi, irriconoscibile nella sua frammentazione, fa dimenticare l’atroce strage che si consuma nei macelli. Non so se si riuscirebbe, oggi, noi così sensibili ed educati, a mangiarne con altrettanta leggerezza se solo potessimo assisterne al massacro.

Ci vogliono 3 minuti perché, una volta sgozzati, il sangue defluisca completamente dal loro corpo: tre minuti preceduti dall’attesa assai più lunga di essere uccisi. La legge prevede che siano storditi prima della morte, carità pelosa.

Molte sono, comunque, le violazioni alle pur minime norme in merito di maltrattamento animale.

Gran parte degli agnelli, importati da Ungheria e Romania, viene sottoposta a viaggi estenuanti in enormi tir che costringono le povere bestie a condizioni di orribile sofferenza.

Sarebbe un bel segnale di vita, visto che Pasqua significa resurrezione, quello di sostituire al classico menù così ricco di carne e sangue qualcosa di più allegro, di meno micidiale, di più fantasioso. Le alternative, come sanno bene gli amanti della cucina, sono infinite.

Avremo fatto una buona azione in un giorno santo, e avremo insegnato ai nostri figli che tutti i cuccioli meritano qualche forma d’amore.

 

Fonte: laverabestia

Attenzione alcune immagini e video, contenute nel sito “La vera bestia” possono urtare la sensibilità dei lettori.
Consiglio comunque una visione per capire le torture alla quale sono sottoposti gli animali da parte dell’uomo.

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