Dal 10 Aprile al 23 maggio vi sarà a Torino l’ostensione della Sindone, è atteso anche il Papa.
La Sindone di Torino, nota anche come Sacra Sindone, è un lenzuolo di lino conservato nel Duomo di Torino, sul quale è visibile l'immagine di un uomo che porta segni di torture, maltrattamenti e di crocefissione. La tradizione identifica l'uomo con Gesù e il lenzuolo con quello usato per avvolgerne il corpo, nel sepolcro. La sua autenticità è oggetto di fortissime controversie.
Il termine "sindone" deriva dal greco σινδών (sindon), che indica un tessuto di lino di buona qualità. Il termine è ormai diventato sinonimo del lenzuolo funebre di Gesù.
Le esposizioni pubbliche della Sindone sono chiamate ostensioni (dal latino ostendere, "mostrare"). Le ultime sono state nel 1978, nel 1998 e nel 2000; la prossima è prevista per quest’anno dal 10 Aprile al 23 Maggio.
In occasione dell’ostensione verrà aperta a Palazzo Reale a Torino la mostra “Il Tesoro della Sindone” dove in un percorso che inizia dalla Sacrestia della Cappella della Sindone restaurata grazie all’ intervento della Compagnia di San Paolo, aperta per la prima volta al pubblico.
Verranno esposti 77 capolavori (mai esposti) selezionati e restaurati sugli oltre 700 che compongono il tesoro di gioielli arte sacra. Tra questi spiccano la «Rosa d’oro». E’ un trionfo di fiori in oro massiccio, realizzato nel 1847 dagli argentieri Francesco Borgognoni e Luigi Cappelletti. Fu donato da Papa Pio IX alla regina Maria Adelaide, moglie di Vittorio Emanuele II, in occasione della nascita della figlia Maria Pia, di cui il Pontefice fu padrino di battesimo e Altro gioiello memorabile è l’«Ostensorio raggiato», con gli strumenti della Passione e le immagini della Veronica e della Sindone, capolavoro in argento sbalzato e dorato del primo Ottocento, opera di Innocenzo Gaya. Vi sarà anche il reliquiario con i resti di San Maurizio. E’ una teca realizzata dal grande ebanista Giuseppe Maria Bonzanigo.
Sicuramente da non perdere.
Per Info:
PALAZZO REALE - TORINO
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fax 011 / 4361448
e-mail pal.reale@ambieteto.arti.beniculturali.it
Tutti gli storici sono d'accordo nel ritenere documentata con sufficiente certezza la storia della Sindone a partire dalla metà del XIV secolo, data della sua apparizione. Sulla sua storia precedente e sulla sua antichità non vi è accordo. La datazione radiometrica con la tecnica del Carbonio 14, eseguita nel 1988 e ritenuta inadeguata dall'ideatore dall'esame stesso, il chimico americano Willard Frank Libby, ha datato la realizzazione del lenzuolo in un intervallo di tempo compreso tra il 1260 e il 1390. Secondo i sostenitori dell'autenticità del telo è possibile che tale datazione sia dovuta al prelievo dei campioni analizzati da parti rammendate dopo l'incendio che ha colpito il lino nel 1532.
Alcuni studiosi ritengono che la Sindone sia l'autentico lenzuolo funebre di Gesù. Secondo questi la Sindone di Torino risalirebbe alla Palestina del I secolo; gode inoltre di molto credito tra di essi l'ipotesi che essa sia da identificare con il mandylion o "Immagine di Edessa", un'immagine di Gesù molto venerata dai cristiani d'Oriente, scomparsa nel 1204 (questo spiegherebbe l'assenza di documenti che si riferiscano alla Sindone in tale periodo).[senza fonte]
Sindone evangelica
Secondo i racconti dei vangeli, dopo la sua morte il corpo di Gesù fu deposto dalla croce, avvolto in un lenzuolo (sindone) con bende e deposto nel sepolcro. Luca e Giovanni menzionano i tessuti funebri anche dopo la risurrezione. Della sindone evangelica non viene fornita alcuna descrizione circa dimensioni, forma, materiale; viene però indicato che fu utilizzato un telo per il corpo e un fazzoletto (sudario), separato, per la testa. Non è presente alcun accenno o riferimento circa la formazione di un'immagine su un qualche tessuto.
È ipotizzabile che il telo e il sudario siano stati conservati dalla primitiva comunità cristiana, vi sono indizi in questo senso in alcuni documenti antichi[senza fonte], e tenuti nascosti a causa delle persecuzioni e delle credenze giudaiche che ritenevano impuri gli oggetti venuti a contatto con un cadavere.
Mandylion
La presenza del mandylion a Edessa (oggi Urfa, in Turchia) è attestata dalla metà del VI secolo. Le fonti descrivono un fazzoletto che recava impressa l'immagine del viso di Gesù. Nel 944, dopo che Edessa era stata occupata dai musulmani, i bizantini trasferirono il mandylion a Costantinopoli: qui rimase fino al 1204, quando la città venne saccheggiata dai crociati, molte reliquie vennero trafugate e del sacro fazzoletto si persero le tracce.
Coloro che sostengono la corrispondenza tra Mandylion e Sindone spiegano la contraddizione tra le dimensioni del primo (un fazzoletto) e della seconda (un sudario) ipotizzando che quest'ultima fosse tenuta ripiegata e chiusa in un reliquiario con un'apertura che mostrava soltanto il volto.
Sindone di Torino
Negli anni cinquanta del XIV secolo la Sindone "comparve" nelle mani del cavaliere Goffredo di Charny e di sua moglie Giovanna di Vergy. Non è noto come essi ne fossero venuti in possesso.
Il 20 giugno 1353 Goffredo donò la Sindone al capitolo dei canonici della collegiata di Lirey, che egli aveva fondato; la prima ostensione pubblica avvenne, pare, nel 1357 (Goffredo era morto l'anno precedente). Nel 1415 Margherita di Charny, discendente di Goffredo, si riappropriò del lenzuolo (ne originò un lungo contenzioso con i canonici) e nel 1453 la vendette ai duchi di Savoia.
Questi la conservarono a Chambéry, dove nel 1532 sopravvisse ad un incendio che la danneggiò in diversi punti. Nel 1578 venne portata a Torino, dove nel frattempo i Savoia avevano trasferito la loro capitale e da allora vi rimase ininterrottamente fino al giorno d'oggi, salvo brevi intervalli. Nel 1898 venne fotografata per la prima volta: in quell'occasione si scoprì che l'immagine impressa sul lenzuolo presentava le caratteristiche di un negativo fotografico.
Nel 1983 Umberto II di Savoia, ultimo re d'Italia, morendo la lasciò in eredità al Papa che ne delegò la custodia all'Arcivescovo di Torino.
Nel 2009 la proprietà della Sindone è stata messa in discussione: secondo il professor Francesco Margiotta Broglio, autorevole studioso dei rapporti tra Stato e Chiesa, con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana (1º gennaio 1948) la Sindone è diventata proprietà dello Stato italiano in base alla XIII disposizione, comma 3, e il lascito testamentario di Umberto II è nullo. Tuttavia la Santa Sede potrebbe avere nel frattempo acquisito la proprietà della Sindone per usucapione. Sulla questione è stata presentata una interrogazione parlamentare ma non risulta ancora una risposta del governo.
La prossima ostensione è prevista per il 2010, tra il 10 aprile e il 23 maggio.
Caratteristiche generali
Il lenzuolo
La Sindone è un lenzuolo di lino di colore giallo ocra, di forma rettangolare e dimensioni di circa 442x113 cm. Lo spessore è di circa 0,34 millimetri, il peso di circa 2,450 kg. È cucito su un telo di supporto, pure di lino, delle stesse dimensioni.
Il lenzuolo è tessuto a mano con trama a spina di pesce e con rapporto ordito-trama di 3:1. In corrispondenza di uno dei lati lunghi il telo è stato tagliato e ricucito per tutta la lunghezza a una decina di centimetri dal margine.
Sono chiaramente visibili sulla Sindone i danni provocati da alcuni eventi storici: i più vistosi sono le bruciature causate da un incendio nel 1532, disposte simmetricamente ai lati dell'immagine in quanto il lenzuolo era ripiegato più volte su sé stesso. Le bruciature più grandi hanno creato dei veri e propri fori di forma approssimativamente triangolare: fino al 2002 essi erano coperti da rappezzi che poi sono stati rimossi (contestualmente è stato sostituito il telo di supporto originale, applicato nel 1534, con un altro più recente).
L'immagine
Gli studiosi usano chiamare Uomo della Sindone la figura umana visibile sul lenzuolo, per mantenere una posizione neutra rispetto alla questione se si tratti o no di Gesù. Le due immagini ritraggono un corpo umano nudo, a grandezza naturale, una di fronte e l'altra di schiena; sono allineate testa contro testa, separate da uno spazio che non reca tracce corporee. Sono di colore più scuro di quello del telo. Appare dunque che l'Uomo della Sindone fu adagiato sulla metà inferiore del telo (immagine dorsale), e fu ricoperto con l'altra metà ripiegata su di lui (immagine frontale).
L'immagine, come si scoprì nel 1898 quando la Sindone fu fotografata per la prima volta, è più comprensibile nel negativo fotografico. Il corpo raffigurato appare quello di un maschio adulto, con la barba e i capelli lunghi. L'Uomo della Sindone presenta numerose ferite: le più evidenti sono le ferite ai polsi e agli avampiedi, compatibili con l'ipotesi che vi siano stati piantati dei grossi chiodi, e una larga ferita da taglio al costato. Il tutto corrisponde alla tradizionale iconografia di Gesù e al resoconto evangelico della crocifissione.
Il dibattito sull'autenticità
L'autenticità della Sindone — vale a dire se essa sia o no il vero lenzuolo funebre di Gesù — è stata a lungo dibattuta: vi sono state dispute al riguardo già nel XIV secolo (vedi Storia della Sindone).
Le discussioni sono riprese alla fine del XIX secolo, quando la prima fotografia della Sindone ha rivelato le particolari caratteristiche dell'immagine e ha suscitato l'interesse degli studiosi su di essa. I numerosi studi scientifici eseguiti da allora non sono serviti a chiarire in modo definitivo la questione, ma solo ad accendere maggiormente il dibattito nel quale si "scontrano" studiosi convinti che la Sindone sia una reliquia e studiosi altrettanto convinti che invece sia icona, un raffigurazione artistica. Tra le parti sorgono critiche accese sull'operato dei ricercatori della parte avversa, dibattito che migra sul confronto di convinzioni religiose ed antireligiose. Vi sono tuttavia "scettici" anche tra i cristiani e viceversa ci sono non cristiani convinti che essa sia autentica.
Ad alimentare il dibattito, s'è aggiunta la supposizione della grafica statunitense Lillian Schwartz, docente alla "School of Visual Arts" di New York, la quale afferma di aver scoperto che il volto della Sindone combacerebbe con quello di Leonardo Da Vinci e che quel lenzuolo rappresenterebbe dunque un esperimento di tecniche pre-fotografiche ideate dal genio rinascimentale.È ancora attuale, anzi forse più che mai, il commento che Yves Delage fece nel 1902.
« Si è introdotta senza necessità una questione religiosa in un problema che, in sé, è puramente scientifico, con il risultato che le passioni si sono scaldate e la ragione è stata fuorviata. »
La Chiesa cattolica non si esprime ufficialmente sulla questione dell'autenticità, lasciando alla scienza il compito di esaminare le prove a favore e contro, ma ne autorizza il culto come reliquia o icona della Passione di Gesù. Diversi pontefici, da papa Pio XI a papa Giovanni Paolo II, hanno inoltre espresso il loro personale convincimento a favore dell'autenticità.
Le chiese protestanti considerano invece la venerazione della Sindone, e delle reliquie in genere, una manifestazione di religiosità popolare di origine pagana, estranea al messaggio evangelico.
In un documento del 2005, firmato da 24 studiosi della Reliquia, oltre ad essere riportate le diverse informazioni sulla Sindone disponibili, veniva sottolineato come nessuna delle riproduzioni realizzate fosse riuscita a ricreare tutte le caratteristiche del telo.
Studi scientifici
Esame dell'immagine
L'immagine corporea visibile sulla Sindone è dettagliata, termicamente e chimicamente stabile ed è di un colore giallino che differisce da quello della stoffa di fondo solo per la maggiore intensità. Essa è un "negativo" nel senso che appare più naturale nel negativo fotografico che nel positivo. Inoltre interessa solo le fibrille più superficiali del lino e appare chiaramente solo sul diritto della tela: già sul secondo strato di fibre non vi è un'immagine.
Quelle che appaiono come macchie di sangue corrispondono alla posizione sul corpo delle numerose ferite, considerando un drappeggio della stoffa avvolgente l'intero corpo. Sotto le macchie non vi è immagine: secondo alcuni questo dato indicherebbe che essa si sia formata quando il lenzuolo era già macchiato.
L'immagine appare essere la proiezione verticale della figura dell'Uomo della Sindone, e non quella che si otterrebbe stendendo un lenzuolo a contatto con il corpo (ad esempio il viso dovrebbe apparire molto più largo).
Stereogramma attraverso il quale è possibile apprezzare, in modo approssimativo e puramente indicativo, la resa tridimensionale ottenibile dall'immagine. Nel negativo, i toni più chiari vengono posti più in rilievo rispetto a quelli più scuri, in misura variabile a seconda di quanto si vuole enfatizzare la resa dei volumi (in questo caso sono molto evidenziati). Per vedere l'effetto è necessario guardare contemporaneamente l'immagine a destra con l'occhio destro, quella a sinistra con il sinistro (LVS parallela).
In essa è inoltre codificata un'informazione tridimensionale: trasformando i diversi toni di colore in rilievi verticali di diversa altezza, si ottiene una forma tridimensionale del corpo proporzionata e senza distorsione, cosa che non avviene applicando lo stesso procedimento a un dipinto o ad una fotografia. Questo tipo di informazione è tipica in scultura nei bassorilievi o nei sigilli dove, invece di variare di colore, le figure sono più o meno aggettanti o incise. Nel 1994 la ricercatrice Emily Craig ha ottenuto, disegnando a mano libera, visi con caratteristiche di "naturalezza in negativo" e tridimensionalità tipiche della Sindone.
Il professor Baima Bollone, ordinario di medicina legale all'università di Torino, e il professor Balossino del dipartimento di informatica dello stesso Ateneo, attraverso sofisticate procedure computerizzate, hanno rilevato sull'occhio destro l'impronta di una monetina. Su tale traccia è stata identificata la leggenda, in caratteri greci "...ΡΙΟΥ ΚΑΙ..." e un bastone da augure. La moneta sarebbe stata riconosciuta, da Francis L. Filas, gesuita e professore di Teologia alla Loyola University di Chicago, come un lepton in bronzo, emesso in giudea a nome di Ponzio Pilato durante il 29 e 30 d.C. Questa identificazione è però contestata da molti in quanto la definizione minima dell'immagine della Sindone è di mezzo cm, per cui non sarebbe possibile riconoscere particolari così piccoli. Recentemente sono stati rilevati sulla Sindone anche dei segni interpretati come lettere in aramaico, il che costituirebbe un ulteriore indizio della provenienza della Sindone dalla Palestina antica.
Non si conosce il meccanismo di formazione dell'immagine. Sono state avanzate diverse ipotesi, ma nessuna di esse appare pienamente soddisfacente.[senza fonte] Recentemente una riproduzione sperimentale del prof. Luigi Garlaschelli ha ricreato alcune fattezze macroscopiche della Sindone. Ma, già nel 1978 gli scienziati dello STURP (Shroud of Turin Research Project, scoprirono che l’immagine corporea è assente al di sotto delle macchie ematiche (e dunque si è formata successivamente ad esse). Ciò è dovuto ad un’ossidazione-disidratazione della cellulosa delle fibre superficiali del tessuto con formazione di gruppi carbonilici coniugati e che tale alterazione è rilevabile solo superficialmente per una profondità di circa 40 micrometri. Questo e altri esempi portano a sostenere che la vera Sindone presenta diverse caratteristiche di fondamentale importanza che la copia artificiale non ha.
Ipotesi basate su meccanismi naturali (o soprannaturali):
- Reazioni chimiche: i vapori della decomposizione avrebbero interagito con il tessuto e con gli aromi di cui esso era impregnato. Tuttavia, poiché il vapore diffonde in tutte le direzioni, appare impossibile che questo meccanismo possa produrre un'immagine netta e dettagliata come quella della Sindone; inoltre esso avrebbe prodotto un'immagine deformata e non una proiezione verticale.
- Irradiazione: si ipotizza un lampo di luce o un fascio di particelle (protoni o neutroni) che avrebbe impresso l'immagine. Nessuno però ha potuto fornire una spiegazione credibile della causa che avrebbe sprigionato questa radiazione.
- Effetto corona (un particolare tipo di scarica elettrica): esperimenti effettuati con questa tecnica hanno prodotto immagini superficiali come quella sindonica. Tuttavia non è chiaro come potrebbe essersi generato il campo elettrico necessario a indurre la scarica.
Ipotesi basate su procedimenti artificiali:
- Pittura: gli esami hanno escluso la presenza di pigmenti (sono state trovate solo tracce del tutto insufficienti a produrre un'immagine visibile), inoltre l'immagine non presenta direzionalità, come avviene invece in qualsiasi disegno o pittura, né un qualsiasi "stile artistico".
- Strinatura (bruciatura superficiale) per mezzo di un bassorilievo riscaldato: con questa tecnica alcuni studiosi sono riusciti a produrre immagini visivamente molto simili. Le loro caratteristiche fisiche e microscopiche sono però assai diverse da quelle della Sindone.
- Fotografia: non sembra credibile che il presunto autore della Sindone potesse possedere la tecnologia necessaria. I primi esperimenti fotografici noti furono effettuati solo nel XIX secolo. Inoltre non vi sono tracce di sostanze fotosensibili sulla Sindone.
- Alterazione delle fibre superficiali dovuta ad "impurità", ovvero sostanze chimiche presenti nell'ocra utilizzata dall'ignoto artista. I pigmenti si sarebbero staccati nel tempo lasciando solo l'alterazione. Su questa base è stata riprodotta sperimentalmente una copia della sindone dal prof. Garlaschelli dell'Università di Pavia.
Esame del sangue
I primi esami, eseguiti nel 1973, non rilevarono la presenza di sangue nelle macchie ematiche visibili sulla Sindone. Gli esami successivi, condotti a partire dal 1978 con tecniche più moderne, diedero invece esito positivo: in particolare è stata rilevata la presenza di emoglobina e di altre sostanze specifiche del sangue mentre è accertata l'assenza di potassio. Questo sangue è stato poi identificato come sangue umano di gruppo AB. Alcune di esse sono inoltre state attribuite a sangue perso prima della morte e dopo (ovvero con presenza di siero), la cui conoscenza medica è riferibile soltanto agli studi moderni. Alcuni tuttavia hanno contestato questi risultati ritenendo che le macchie di sangue in realtà siano state dipinte sul telo con coloranti naturali. Tra le diverse ipotesi avanzate vi è che si tratti di ocra rossa, cinabro o alizarina. Attualmente però non sono stati presentati dati che supportino questa affermazione e vi è un certo consenso scientifico sul fatto che le macchie siano effetivamente riconducibili a sangue.
Il rinvenimento del gruppo sanguigno AB crea un'apparente incongruenza storica. Recenti studi sostengono infatti che il gruppo AB sia comparso in Europa soltanto verso l'VIII secolo d.C., quando popolazioni mongole dell'Asia centrale (con un prevalente gruppo sanguigno B) entrarono in contatto con le popolazioni europee (prevalentemente di gruppo A). Poco però è noto sui gruppi sanguigni presenti in Medio Oriente nel I sec. .
Tra le ipotesi sull'origine del sangue sul telo, oltre a quella che lo fa risalire al contatto diretto con un corpo umano che presenta ferite multiple, ve ne è un'altra che le riconduce ad un'opera di pittura in fase di realizzazione del telo o una aggiunta successiva per ravvivare l'immagine durante i secoli come già riscontrato in altri teli, tra cui la sindone di Besançon.
Secondo i sostenitori della attendibilità della Sindone, i fenomeni di coagulazione sono ben evidenti in numerosi rivoli di sangue. Per aver un decalco del sangue sulla stoffa come quello osservato sulla Sindone, il corpo deve essere stato a contatto col lenzuolo per circa quaranta ore. Inoltre non sono state riscontrate tracce di putrefazione, il che escluderebbe un periodo più lungo. Secondo alcuni studiosi le colature del sangue non sarebbero realistiche, dato che si sarebbero impastati i capelli, dando vita a macchie più indistinte[. Una possibile risposta a questa obiezione è stata data da Frederick Zugibe, secondo il quale l'Uomo della Sindone fu almeno in parte lavato prima di essere avvolto nel lenzuolo: in questo modo il sangue colato durante la permanenza sulla croce sarebbe stato rimosso e sulla Sindone si sarebbe impressa soltanto l'impronta delle ferite inumidite dal lavaggio.
Esame del Carbonio 14
La datazione radiometrica con la tecnica del Carbonio 14, eseguita contemporaneamente e indipendentemente nel 1988 dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo, ha dato come risultato l'intervallo di tempo compreso tra il 1260 e il 1390, periodo corrispondente all'inizio della Storia della Sindone certamente documentata. Tuttavia contro l'attendibilità del test sono state sollevate fin da subito numerose obiezioni. L'AMSTAR (The American Shroud of Turin Association for Research), un'organizzazione scientifica che si dedica alla ricerca sulla Sindone di Torino, ha annunciato il 19 gennaio 2005 che la prova del carbonio 14 avvenuta nel 1988 non sarebbe stata effettuata sul lenzuolo funebre originale, ma piuttosto su una zona ritessuta della Sindone, producendo così una datazione errata. Tale tesi è stata tuttavia successivamente smentita.
Esame medico-legale
Motivo: sarebbero da indicare gli studiosi che sono giunti a queste conclusioni, giacché appare piuttosto incerto che si possa ottenere una qualche misura credibile di un collo dall'immagine di un uomo con i capelli lunghi e la barba, premesso che comunque la porzione frontale di un collo appare sempre più corta di quella posteriore.
Si ritiene che l'Uomo della Sindone sia l'immagine di un cadavere. L'immagine presenta evidenti segni di rigor mortis: la testa è piegata in avanti (il collo appare più corto nell'immagine frontale, più lungo in quella dorsale), la gamba sinistra è flessa (si può supporre che il piede sinistro fosse stato inchiodato sopra il destro), i glutei sono tondeggianti e ciò sarebbe incompatibile se si suppone appoggiassero presumibilmente su una superficie piana (la pietra del sepolcro). Inoltre le ferite visibili, specialmente quella al costato, appaiono senz'altro letali.
Dettaglio delle mani. Non c'è accordo tra gli studiosi sulla posizione precisa della ferita; secondo alcuni sarebbe nello spazio tra ulna e radio appena retrostante il polso, come in una crocifissione romana.
I fori dei chiodi sono, secondo alcuni studiosi, nei polsi e non nelle palme delle mani: l'inchiodatura al palmo, tipica delle raffigurazioni tradizionali, non consentirebbe ai tessuti di reggere un peso corrispondente a quello di un uomo. Poiché nel medioevo non vi era memoria del metodo di crocifissione romana, alcuni studiosi ritengono questo un forte argomento contrario all'ipotesi che la Sindone sia stata realizzata da un falsario medievale.
In base ad alcuni studi compiuti nel XX secolo, si ritiene che generalmente i crocefissi morissero per asfissia e collasso provocati dalla prolungata sospensione per le braccia, che immobilizzava il torace e rendeva faticosa la circolazione del sangue. Fratturando le gambe al crocefisso se ne affrettava la morte in quanto gli veniva a mancare la possibilità di puntellarsi sui piedi.
Nel caso di Gesù, alcune indicazioni dei Vangeli, che trovano riscontro anche nell'immagine dell'Uomo della Sindone, suggeriscono una causa di morte diversa. La copiosa fuoriuscita di "sangue e acqua" dal costato trafitto, attestata dal Vangelo secondo Giovanni, si può spiegare infatti con le ipotesi di un emotorace o della rottura del cuore, in conseguenza delle violenze subite da Gesù prima della crocefissione (in particolare la flagellazione) e forse di un possibile precedente infarto.
Esame del tessuto
Il tessuto della Sindone è di lino filato a mano. Le fibre sono intrecciate con torcitura "Z", cioè in senso orario: questa torcitura è stata riscontrata in tessuti antichi dell'area siro-palestinese, ma in proporzione minore rispetto alla torcitura "S". Reperti con torcitura a "Z" fanno ipotizzare che questa fosse al tempo la norma in Grecia ed Italia, mentre in Egitto si utilizzava la torcitura "S", in senso opposto.
La trama del tessuto è a spina di pesce e con rapporto ordito-trama di 3:1. Tessuti a spina di pesce risalenti all'inizio dell'era cristiana sono stati rinvenuti in Medio Oriente. Si conosce però anche un esemplare tessuto in Europa in epoca medievale con intreccio identico a quello sindonico: esso risale al XIV secolo, epoca che coincide con la datazione della Sindone effettuata tramite l'esame del Carbonio 14.
Nelle fibre si sono trovate tracce di cotone, ma non di lana. Queste risultanze sono compatibili con l'ipotesi di un'origine palestinese: all'epoca di Cristo il cotone era coltivato nel Vicino Oriente (ma non in Europa), e l'assenza della lana si può attribuire alla legge mosaica che prescriveva di tenere separati i due tipi di tessuto (Deuteronomio 22,11).
Confronto con i ritrovamenti archeologici di sepolture ebraiche
Negli scavi archeologici sono state ritrovate tracce di corredi funebri ebraici palestinesi del I secolo. Vi sono almeno quattro ritrovamenti frammentarii (a 'En Gedi, Qumran, Gerico e Khirbet Qazone), oltre alla sindone di Akeldamà, l'unica quasi completa, ritrovata in una tomba a Gerusalemme nel campo che, secondo la tradizione, fu acquistato da Giuda Iscariota con il denaro ottenuto dalla consegna di Gesù. I corredi rinvenuti sono di diversi materiali (lino, lana e paglia nel caso di 'En Gedi) e di tessuti con diverso ordito, ma hanno la caratteristica comune di essere composti da una molteplicità di teli e di presentare l'uso delle corde per avvolgere il cadavere.
Shimon Gibson, archeologo israeliano scopritore della sindone di Akeldamà, ha rinvenuto nel sepolcro una sindone per ricoprire il corpo e un panno separato, una sorta di "fazzoletto", per ricoprire il volto. Per la difformità rispetto a questo rinvenimento, Gibson ritiene che la Sindone di Torino non sia autentica: «una sindone composta da un solo telo non pare rientrasse nella pratica comune all'epoca di Gesù».
Altri esami
La statura
L'immagine frontale presenta una lunghezza di 195 cm, mentre quella dorsale di 202 cm. Mediante analisi antropometrica computerizzata è stata verificata la compatibilità anatomica delle due immagini, frontale e dorsale, e la somiglianza delle caratteristiche dell'Uomo della Sindone a quelle dei semiti.
Secondo le misurazioni antiche, la statura di Gesù che si desume dalla Sindone sarebbe di 183 cm. Le misurazioni moderne hanno dato risultati differenti: la maggior parte degli studiosi calcola la statura dell'Uomo della Sindone tra i 175 e i 185 cm, ma vi è anche chi, come Giulio Ricci, ha proposto una misura di soli 163 cm, misura che sarebbe più vicina alla statura media degli abitanti della Palestina del I secolo.
Esame palinologico
Secondo il criminologo svizzero Max Frei Sulzer, sul tessuto della Sindone sono presenti pollini di diverse specie vegetali specifiche della Palestina e dell'Asia Minore. Il transito della Sindone per questi paesi concorda con la ricostruzione proposta per la storia della Sindone anteriore al XIV secolo.
Dopo la morte di Frei (1983), il suo lavoro è stato criticato pesantemente da alcuni, che hanno avanzato sospetti di manipolazione dei campioni. In particolare Luigi Garlaschelli sostiene che non si possiedono più né i documenti originali né i nastri delle analisi condotte da Frei. Inoltre, nessuno ha ottenuto, nelle analisi, i medesimi risultati dello studioso svizzero e secondo diversi palinologi le analisi del Frei sono state effettuate su un numero troppo basso di granuli. Oltre a ciò, Frei fu coinvolto nell'autenticazione dei falsi diari di Hitler, perdendo credibilità professionale.
Esame delle polveri
La polvere trovata sul lenzuolo ha una composizione chimica simile a quella della polvere trovata su teli funerari egiziani, che suggerisce l'uso di natron, un composto usato per l'inumazione dei cadaveri. Inoltre è stata rilevata aragonite dalla composizione analoga a quella di campioni prelevati a Gerusalemme.
Datazione chimica
Raymond Rogers ha proposto un metodo chimico di datazione della Sindone basato sulla misura della vanillina presente nel tessuto. Secondo la sua stima, la datazione della Sindone sarebbe compresa all'incirca tra il 1000 a.C. e il 700 d.C..
La quantità di vanillina attesa dipende però dal valore medio della temperatura dell'ambiente in cui la Sindone è stata conservata: una variazione di pochi gradi del valore effettivo corrisponderebbe ad uno slittamento di qualche secolo nella datazione. Inoltre in alcuni eventi particolari come l'incendio del 1532 potrebbe essersi verificato un decadimento accelerato della vanillina.
Stima delle probabilità
Assumendo come ipotesi che la Sindone sia un reperto autentico relativo ad un uomo vissuto in Palestina nel I secolo, alcuni studiosi hanno provato a stimare la probabilità che quell'uomo corrispondesse effettivamente a Gesù Cristo in base ad alcune caratteristiche della reliquia stessa. Ovviamente il discorso non è valido senza l'ipotesi di base, perché un presunto falsario avrebbe potuto creare ad arte quelle caratteristiche.
I risultati ottenuti variano da 10 miliardi contro 1 a 200 miliardi contro 1. Tuttavia il calcolo di questi valori di probabilità è in larga parte basato su stime soggettive ed arbitrarie ed è evidente che ogni ulteriore condizione che si pone, anche banale, non fa che rendere ulteriormente minore la probabilità.
Riproduzioni sperimentali
Diversi studiosi hanno lavorato sulla riproduzione di manufatti con le caratteristiche della Sindone, utilizzando vari metodi per poter spiegare quale sia stato il processo di formazione dell'immagine:
- Joe Nickell ha "dipinto" un'immagine senza usare pennelli, stendendo un lenzuolo sul corpo di un uomo sdraiato e strofinandolo con un pigmento liquido a base di ocra rossa.
- Rodante, Moroni e Delfino-Pesce hanno utilizzato il metodo del bassorilievo riscaldato[33].
- Nicholas Allen ha usato la tecnica fotografica.
- Giulio Fanti e collaboratori hanno colorato delle fibre di lino usando un laser a eccimeri. Si tratta della fase preliminare di una ricerca tesa a provare l'ipotesi che l'immagine della Sindone sia stata generata da una radiazione emessa dal corpo umano avvolto in essa.
- Luigi Garlaschelli ha usato un metodo derivato da quello di Nickell, aggiungendo ad un pigmento una soluzione di acido solforico che ha reagito chimicamente con le fibre del tessuto creando l'immagine, mentre il pigmento è stato poi eliminato sottoponendo il telo a invecchiamento artificiale e successivo lavaggi].
Per una discussione più dettagliata di questi studi vedi Ipotesi sulla formazione dell'immagine della Sindone.
La Sindone e l'iconografia di Gesù
Nella sua raffigurazione tradizionale, Gesù è rappresentato con la barba e i capelli lunghi, come sulla Sindone. Alcuni studiosi suggeriscono che la Sindone fu in effetti il modello da cui questa raffigurazione fu ricavata (il che dimostrerebbe una sua origine molto anteriore al XIV secolo).
Vi sono infatti notevoli coincidenze, anche in alcuni particolari specifici, fra il volto sindonico e questo ritratto che si afferma soprattutto a partire dal VI secolo, in concomitanza con la presunta riscoperta del Mandylion a Edessa. È interessante inoltre notare che le più antiche raffigurazioni del Mandylion mostrano un volto monocromo su tela simile a quello della Sindone.
Anche alcune specifiche forme di rappresentazione, come l'imago pietatis (raffigurazione del Cristo morto che sporge dal sepolcro in posizione eretta fino alla vita, con le mani incrociate davanti, in uso dal XII secolo), e dettagli come la "curva bizantina" (la particolare posizione in cui veniva dipinto Gesù crocifisso), si possono spiegare in riferimento alla Sindone.
Ovviamente la somiglianza dell'Uomo della Sindone con l'iconografia precedente alle prime prove documentali dell'esistenza del telo, potrebbe semplicemente essere dovuta alla sua realizzazione medievale, quando questa iconografia sarebbe stata perfettamente nota anche a chi avesse prodotto la reliquia, indipendentemente dai metodi impiegati.
Oggetti analoghi alla Sindone
Il Sudario di Oviedo
La Sindone è stata comparata con il presunto sudario di Gesù conservato nella cattedrale di Oviedo in Spagna. Questo è un telo molto più piccolo della Sindone (circa 84x53 cm), che non presenta alcuna immagine, ma solo macchie di sangue.
È stato ipotizzato da chi sostiene l'autenticità sia di questa reliquia sia del telo di Torino, che questo sudario sia stato posto sul capo di Gesù durante la deposizione dalla croce, e poi rimosso prima di avvolgere il corpo nella Sindone, avendo quindi il tempo di macchiarsi di sangue, ma non quello per subire lo stesso processo di formazione dell'immagine della Sindone. Esso sarebbe stato conservato a Gerusalemme fino al 614, poi trasportato in Spagna attraverso il Nordafrica; dal 718 è a Oviedo.
Secondo Baima Bollone, che ritiene di aver individuato tracce di sangue nella Sindone durante gli esami del 1978, anche il gruppo sanguigno delle tracce presenti sul sudario corrisponde con quello rilevato sulla Sindone (gruppo AB), e un'analisi comparativa del DNA da lui effettuata avrebbe rilevato profili genetici simili. Secondo Alan Whanger, ci sarebbero ben 120 punti di contatto tra la disposizione delle macchie sul Sudario e di quelle sul volto e sulla nuca dell'immagine sindonica.
La tessitura del telo con torcitura "Z" e la dimensione delle fibre sono del tutto analoghi a quelli della Sindone. Inoltre Max Frei ha studiato i pollini presenti sul tessuto, identificando tredici piante, di cui nove crescono in Palestina; il che ne avvalora la provenienza da Gerusalemme. Non è rappresentato il gruppo delle piante dell'Anatolia e di Costantinopoli, a conferma del diverso tragitto compiuto verso l'Europa.
La datazione con il Metodo del carbonio-14 ha datato il Sudario come risalente al 680 circa, data compatibile con le prime testimonianze storiche documentate dell'esistenza del Sudario in Europa.
Evidentemente, se venisse provato che il Sudario e la Sindone hanno la stessa origine, verrebbe smentita la datazione medievale del carbonio 14 della seconda, in quanto il Sudario è certamente molto più antico, sia per la sua presenza documentata ad Oviedo sia per la sua datazione con il carbonio 14, che farebbe risalire entrambe le relique al VII secolo.
Il Mandylion
Il Mandylion o "Immagine di Edessa" era un telo conservato dapprima a Edessa almeno dal 544, poi dal 944 a Costantinopoli; se ne persero le tracce durante il saccheggio della città nel 1204. Su di esso era raffigurato il volto di Gesù: l'immagine era ritenuta di origine miracolosa.
Come si è accennato sopra, alcuni ritengono che il Mandylion fosse la Sindone piegata in otto e chiusa in un reliquiario, in modo da lasciare visibile solo l'immagine del viso: questa ipotesi è la più accreditata dagli studiosi che tentano di ricostruire la storia della Sindone precedente al 1353.
Questa tesi è però contestata da altri autori (ad esempio Lawrence Sudbury, in base ad alcune fonti storiche che parlano di Sindone e Mandylion come di due oggetti distinti, ad esempio Robert de Clary che nella sua opera La conquëte de Constantinople li menziona come entrambi presenti, in due luoghi separati, a Costantinopoli durante la IV crociata.
Il velo della Veronica
Una leggenda sostiene che una donna, di nome Veronica, asciugò il volto di Gesù con un panno durante la sua salita al Calvario; sul panno si impresse miracolosamente l'immagine del volto. Questo racconto è talmente noto che l'incontro di Gesù con la Veronica è una delle tradizionali stazioni della Via crucis.
Fino al 1600 circa si conservava a Roma il presunto velo della Veronica; ne fa menzione anche Dante nella Divina Commedia (Paradiso XXXI, 103-108). È stato ipotizzato che si trattasse della stessa immagine oggi nota come Volto Santo di Manoppello, comune in provincia di Pescara.
La Sindone di Besançon
A Besançon, in Francia, a circa 200 km da Lirey, si trovava un'altra Sindone; sembra che vi fosse giunta nel 1208. Era più piccola della Sindone di Torino (1,3x2,6 m) e mostrava solo l'immagine anteriore. Era oggetto di un'intensa adorazione, meta di pellegrinaggio ed era ritenuta miracolosa. La Sindone di Besançon scomparve in un incendio nel 1349, ma nel 1377 i canonici della cattedrale annunciarono di averla ritrovata intatta in un armadio. Nel 1794 andò definitivamente distrutta durante la Rivoluzione francese.
Alcuni storici ipotizzano che questa, e non quella di Torino, fosse la Sindone che veniva esposta a Costantinopoli fino al 1204; Altri ipotizzano invece che la Sindone scomparsa nell'incendio del 1349 fosse quella di Torino (l'incendio in cui venne data inizialmente per distrutta precede di pochissimi anni la comparsa di quest'ultima a Lirey) e che quella "ritrovata" nel 1377 fosse una copia; altri ancora ipotizzano che proprio la Sindone di Torino fosse una copia effettuata per sfruttare la fama di quella della vicina Besançon ed attirare quindi a Lirey i pellegrini (dubbi che dopo la prima ostensione del 1357 portarono il vescovo di Troyes, Enrico di Poitiers, a chiedere, senza successo, di esaminare il telo, che venne tenuto nascosto fino al 1389).
Copie della Sindone
Sono note circa 50 copie della Sindone, eseguite da vari pittori in diverse epoche. Una tra le più note, realizzata nel 1516 e conservata a Lier in Belgio, è attribuita ad Albrecht Dürer, ma questa attribuzione è controversa.
In nessun caso queste copie sono confondibili con l'originale: i segni della pittura sono evidenti, l'immagine ha contorni netti anziché sfumati, spesso vi sono distorsioni anatomiche. Inoltre in molti casi sul lenzuolo è esplicitamente scritto che si tratta di una copia, la data di realizzazione e, a volte, che fu "consacrata" ponendola a contatto con l'originale. Alcune poi non sono nemmeno in grandezza naturale: ad esempio la copia di Lier è un terzo della grandezza.
Il Graal
Recentemente lo storico Daniel Scavone ha avanzato l'ipotesi che il Graal, il misterioso oggetto protagonista delle più celebri leggende medievali, non fosse altro che la Sindone.
Scavone ipotizza che la leggenda del Graal sia stata ispirata dalle frammentarie notizie giunte in Occidente di un oggetto legato alla sepoltura di Gesù e che ne "conteneva" il sangue; si pensò quindi che si trattasse di una coppa o di un piatto, le forme in cui il Graal è solitamente rappresentato.
A supporto di questa teoria Scavone nota che, secondo alcune fonti, il Graal offriva una particolare "visione" di Cristo nella quale egli appariva prima come bambino, poi via via più grande, infine adulto: egli ipotizza che queste fonti riportassero, in modo impreciso, un rituale nel quale la Sindone veniva dispiegata gradualmente (in latino gradalis, da cui secondo questa ipotesi deriverebbe la parola "Graal") e la sua immagine era resa visibile, man mano che il rito procedeva, in misura sempre maggiore, fino ad essere mostrata nella sua interezza.
Inoltre, secondo le sue ricerche, la notizia secondo la quale Giuseppe d'Arimatea (indicato dalla tradizione come custode del Graal) avrebbe raggiunto la Gran Bretagna deriverebbe da un'errata lettura della parola Britio, nome del palazzo reale di Edessa, che sarebbe stata fraintesa per Britannia; il "Britannio rege Lucio" citato da una fonte del VI secolo sarebbe in realtà Abgar VIII, re di Edessa (177-212), che aveva assunto il nome latino di Lucio Elio (o Aurelio) Settimio. Questa teoria si accorda quindi con quella dell'identificazione tra Mandylion e Sindone.
La Sindone nella cultura popolare
Al pari di altre reliquie della religione cristiana particolarmente note, la Sindone negli ultimi anni è stata citata o utilizzata nelle opere di diversi scrittori e sceneggiatori.
Nel romanzo Il codice dell'apocalisse di Andrea Carlo Cappi e Alfredo Castelli, che ha come protagonista il personaggio dei fumetti italiani Martin Mystere, la Sindone esposta a Torino è in realtà una copia effettuata da Leonardo da Vinci (grazie alla conoscenza della camera oscura) alla fine del XV secolo, realizzata per permettere alla chiesa di custodire con più sicurezza quella precedentemente esposta. Nel romanzo Leonardo non si limita a farne una mera copia, ma, tramite un antico libro di magia risalente al tempo di Atlantide, rende questa un oggetto magico in grado di "catalizzare" le preghiere dei fedeli che l'adorano, di valenza benefica, ed impiegarle per allontanare le forze malvage da Torino. Nel libro un demone, Belial, proclamatosi "Signore del Male", che sta cercando da secoli di scatenare l'Apocalisse, cercherà di disattivarne i poteri, in modo da poter aprire un portale con gli Inferi e far giungere sulla Terra altre creature demoniache.
Detto questo, non si saprà, probabilmente mai la verità su questo lenzuolo sacro. L’unica cosa, aldilà delle credenze personali, vederla di persona è comunque un momento importante e inolvidabile.
Mirò
Fonte: Wikipedia
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