Ecco un’altra storica realtà industriale dell’albese, si tratta del “Gruppo Miroglio Tessile” che porta in giro per il mondo il marchio dell’alta moda Piemontese. Si tratta infatti di uno dei marchi più conosciuti per gli addetti ai lavori, ma non solo. Sicuramente famosi sono i brand distribuiti nei migliori negozi del pianeta.
LA STORIA
Il Gruppo Tessile Miroglio nasce a fine Ottocento nel territorio albese e si sviluppa attraverso il lavoro di quattro generazioni di imprenditori, fino a diventare una realtà di dimensioni internazionali nel campo dei tessuti e delle confezioni femminili.
Nel 1884 Carlo Miroglio, artigiano, insieme alla moglie Angela Scarsello, si stabilisce ad Alba (CN), dove inizialmente si dedica al commercio ambulante nei mercati locali. Apre quindi un negozio di tessuti nella centrale piazza Duomo, praticando una politica di prezzi contenuti che gli permette di aumentare la clientela, proveniente anche dai paesi limitrofi.
Nei primi del Novecento i commessi sono già una dozzina e nel 1902 entra nell'attività
Giuseppe, il maggiore dei sei figli, che si occupa non solo delle vendite, ma anche degli acquisti, e modifica il metodo fino ad allora seguito dal padre riducendo il numero dei fornitori, scelti tra fabbricanti importanti come Marzotto, Mazzonis e De Angeli Frua.
In tal modo riduce i costi e dà avvio alla strategia commerciale che diventerà una costante caratteristica nell'azione dell'azienda.
La crescita del negozio prosegue fino alle soglie della prima guerra mondiale, quando la contrazione degli affari costringe Giuseppe, che nel frattempo ha assunto la piena gestione aiutato dai fratelli Battista e Cesare, a trasformare l'azienda secondo le esigenze del momento. Ottiene infatti la fornitura di 100 mila camicie al prezzo di 4,10 lire l’una e di 150 mila mutande per 3,60 lire ciascuna da produrre per l'esercito.
Allestisce quindi un laboratorio di confezioni in un cinema di Alba, impiegandovi decine di ragazze fino allo scoppio del conflitto, quando è richiamato al fronte assieme ai fratelli.
Tornati dalla guerra nel 1918 i Miroglio con l'aggiunta del fratello Leone riprendono il lavoro specializzandosi nella vendita all'ingrosso.All'impennata delle vendite nel 1920 segue l'anno successivo la crisi, provocata dal ribasso dei prezzi imposto dal governo, che blocca completamente le vendite.
Davanti al rischio di un fallimento si adotta una precisa strategia: aprire nuovi punti vendita per smaltire a prezzo di liquidazione le quantità eccedenti di tessuti, e pagare così i fornitori. Al negozio di Alba si affiancano quelli di Nizza Monferrato, Cuneo e Genova, mentre tra il 1926 e il 1928 vengono rilevati i negozi concorrenti albesi, gettando le basi per lo sviluppo della futura rete commerciale e produttiva.
Nel 1929 la società si scioglie e ognuno dei fratelli pensa alla propria attività: Giuseppe resta ad Alba e da questo momento in poi la storia della Miroglio diventa la sua storia.
Il primo passo dal commercio all'industria è la lavorazione affidata a terzi. Negli anni Trenta l'industria serica attraversa una crisi pesante e irreversibile dovuta alla concorrenza delle fibre artificiali, più economiche e allora di moda. Nel 1934 Giuseppe acquista in blocco la rinomata produzione albese di bozzoli, rimasta invenduta.
Le operazioni di stufatura e filatura sono effettuate in loco, mentre la seta viene spedita a Como per essere tessuta. Giuseppe organizza poi la vendita delle stoffe sul mercato nazionale, utilizzando una rete di rappresentanti e applicando prezzi inferiori a quelli correnti.
L'ingresso dell'Italia nella seconda guerra mondiale segna una battuta d'arresto nell'attività, in seguito anche alla chiusura di gran parte dei filatoi. Nel 1947 Giuseppe avvia un'attività industriale propria, impiantando una tessitura ad Alba. Tre anni dopo i telai attivi sono una cinquantina e nel 1953 la fabbrica risulta dotata di 250 telai automatici in grado di tessere seta, rayon e cotone.
Nel 1955 Giuseppe cede la proprietà dell'azienda ai due figli maschi, che dal dopoguerra collaborano con lui: in veste di presidente, Carlo si occupa della gestione amministrativa; come amministratore delegato ,Franco gestisce la parte commerciale.
Giuseppe si dedica quasi esclusivamente alla creazione di uno nuovo stabilimento, la Vestebene, per la produzione in serie di confezioni femminili, intuendo la possibilità di conquistare un intero mercato legato agli articoli di largo consumo. A metà degli anni '50, infatti, la maggioranza della popolazione femminile italiana si serve ancora della sarta o confeziona da sé i capi.
Puntando sulla vendita di grandi quantitativi, piuttosto che su ampi margini di guadagno, la Vestebene si connota per la produzione di abiti semplici e di facile esecuzione, confezionati da una manodopera femminile appositamente istruita tramite corso per confezioniste. I macchinari sono sistemati nella vecchia sede della tessitura e poi trasferiti in via Santa Barbara, ad Alba.
La vestaglietta modello "Lido", che inaugura la produzione, è venduta a 1.000 lire, prezzo così irrisorio da sbaragliare la concorrenza. La produzione iniziale è di 240 capi al giorno e nella primavera-estate del 1955 tutti gli esemplari realizzati vengono acquistati da grossisti e commercianti di merceria.
Nel 1957 Miroglio impianta in località Vaccheria una moderna tintoria-stamperia che permette di ridurre ulteriormente i costi e di raggiungere il ciclo completo di lavorazione; questo è l'ultimo e diretto intervento di Giuseppe per azienda, cui comunque continuerà a interessarsi fino alla morte, nel 1979.
Alla fine degli anni Cinquanta Carlo e Franco Miroglio si trovano a capo di una impresa solida e completa, ma di dimensioni medio-piccole; da questo momento inizia una fase di sviluppo accentrato, reso possibile da una strategia basata, almeno inizialmente, sulla divisione dell'azienda in due tronconi diversi: i tessuti (Tessitura Spa) e le confezioni (Vestebene Spa).
Nel 1960 entra sul mercato una nuova fibra sintetica, ilpoliestere che, sottovalutato dai cotonieri, viene invece utilizzato dalla Miroglio per produrre tessuti a prezzi competitivi.
Nel 1961, per ovviare alla dimensione ancora artigianale delle confezioni che ne penalizza lo sviluppo, si avvia una riformatecnologica, si applicano nuovisistemi organizzativi basati sui tempi e sui metodi, con il cottimo, riducendo i costi e facilitando l’espansione produttiva.
Il settore delle confezioni aumenta così la gamma di prodotti (gonne a pieghe, abiti, giacche, tailleur e capispalla), viene promosso attraverso campagne pubblicitarie e inizia ad avere un successo pari a quello dei tessuti. Nel 1964 si raggiunge il milione di capi prodotti.
Nei primi anni Settanta la crisi del settore tessile colpisce l'azienda, diventata Gruppo Tessile Miroglio nel 1971. Il Gruppo cerca di rispondere alla crisi seguendo tre linee d'azione.
Attua una politica di specializzazione e di decentramento territoriale nel cuneese, creando tante piccole fabbrichette destinate a una sola tipologia di prodotto: lo stabilimento di Cuneo per gli abiti, quello di Bra per le giacche e quello di Cortemilia per le gonne. Poi realizza nuovi stabilimenti in paesi esteri a basso costo di manodopera come Tunisia, Egitto e Grecia. Infine investe in campo tecnologico.
Per rafforzare l'organizzazione di vendita nei mercati stranieri come Francia, Germania, Inghilterra e Svizzera si creano nuove società commerciali.
Nel settore confezioni nel 1970 nasce lo stabilimento di Patrasso, in Grecia, per la produzione di gonne e tre anni dopo una sede a Tunisi per la realizzazione di cappotti e tailleur.
Sul fronte della tessitura nel 1974 prende il via la produzione di fili continui, con l'installazione dei primi torcitoi per filo di poliestere nello stabilimento di Saluzzo; l'anno dopo nascono la Sublitex, con sede a Guarene d'Alba, e la Miroglio USA di New York per la commercializzazione di tessuti stampati con il metodo trasfert. Alla fine del decennio le confezioni sono il settore trainante, registrando un export pari al 35% del fatturato e contando 2 mila dipendenti.
Nel 1980 la crisi del mercato a livello europeo e la crescente produzione giapponese di un tessuto di filato sintetico simile alla seta naturale, mette in difficoltà la divisione dei tessuti Miroglio, che basa buona parte delle esportazioni sul poliestere classico.
L’azienda decide così di avviare un piano di ristrutturazione generale per accrescere l’efficienza sia produttiva sia distributiva: si sostituiscono le produzioni in declino con altre più richieste, si costruiscono impianti adatti alla realizzazione di tessuti di poliestere serici di tipo giapponese e si introducono nuove tecnologie nella stamperia di Alba.
Nel 1984 la crisi è arginata ma si assiste a una inversione di rotta nel settore trainante delle confezioni: il prodotto Vestebene, non riesce più a reggere il confronto in un mercato in cui diventa fondamentale il richiamo della griffe rivolta alla classe media.
Per adeguarsi ai nuovi trend, la Miroglio deve ora lanciare i primi marchi aziendali: il primo è Fiorella Rubino, linea elegante per signora, cui seguono Elena Mirò, destinato alle taglie conformate, Diana Gallesi e Motivi. Dal 1988 si sviluppano collaborazioni con alcuni stilisti per conquistare la fascia medio-alta del mercato per le linee prêt-à-porter: Moschino crea C’est comme ça, Daniel Heckter una linea con il suo nome e Krizia disegna Per Te by Krizia.
Alla fine degli anni Ottanta una politica di internazionalizzazione porta all'acquisto delle francesi Caroline Rohmer (1987) e Sym(1993) e delle tedesche Glaser e Flick (1989).
Nel 1996 viene realizzata una nuova tessitura a Ginosa, in provincia di Taranto, e nuovi investimenti sono destinati alla creazione di una divisione autonoma in Bulgaria, la Divisione Giorgetti, e della Miroglio Lana (1999); viene costruito anche un nuovo stabilimento a Marrakech.
Per soddisfare tutte le fasce di mercato si prosegue con il lancio di nuovi marchi: da Caractère (1993) a Dream, My Time e Claudia Gil.
Nel 1999 Franco Miroglio cede l'incarico di amministratore delegato al figlio Edoardo, mentre sua sorella Nicoletta si occupa di alcune aziende della divisione Tessuti; i 3 figli di Carlo, Giuseppe, Elena ed Elisa, si avvicendano invece all'interno della Vestebene.
Nel 2000 Vestebene produce e vende oltre 11 milioni di capi, l'anno successivo viene lanciato il nuovo marchio Oltre e nel 2004 la joint venture con l'industria locale Elegant.
Prosper rafforza il posizionamento della Miroglio in Cina. Oggi il Gruppo dispone di 36 società operative in Italia e nel mondo con una capacità produttiva annua di 15,5 milioni di capi confezionati.
Fonte: Storia Industria Italiana
7 commenti:
LO STABILIMENTO IN PROVINCIA DI TARANTO SI CHIAMA " GINOSA" E NON VINOSA, CAPRA CHI L' HA SCRITTO QUESTO ARTICOLO E CI DEVI AGGIUNGERE CHE MIROGLIO A MESSO TUTTI GLI OPERAII DELLA FILATURA E TESSITURA DI PUGLIA IN CASSA INTEGRAZIONE NEL MARZO 2009 E AD OGGI STIAMO ANCORA AD ASPETTARE LE PROMESSE DI RICOLLOCAZIONE CHE CI HA FATTO LA FAMIGLIA "MIROGLIO".
QUESTO LO DOVETE SCRIVERE....
IACOBELLIS FRANCESCO
TESSITORE DELLA FILATURA E TESSITURA DI PUGLIA
EMAIL: dexter81_2@libero.it
Anch'io sono un dipendente di Ginosa in cassa integrazione e che dopo aver dato l'anima per la famiglia Miroglio,mi sono ritrovato dopo appena 10 anni dall'assunzione fuori dallo stabilimento,con un mestiere che non posso mettere in pratica altrove, con una famiglia di 4 persone e un mutuo ancora lungo da saldare alle banche.Nel frattempo lo stabilimento dal marzo 2009 non produce più e i macchinari tessili a partire gia' dal lontano 2005 hanno preso man mano la strada dei suoi nuovi stabilimenti della bulgaria, con i soldi dello stato Italiano.I negozi Motivi,Oltre Elena Miro' etc.sono diventati naturalmente sempre piu' made in CHINA.
I Miroglio non hanno investito un bel niente a Ginosa, hanno succhiato miliardi d'incentivi allo stato italiano e poi una volta scaduti i vincoli legati al finanziamneto hanno chiuso, lasciando nella disperazione cnetinaia di famiglie. Però non vi preoccupate i miroglio sono sempre più ricchi, loro.
Se non ci fosse stata la pioggia di miliardi che sono piovuti dal cielo, e da una legge fatta apposta per la Miroglio,non a caso si chiama legge Miroglio,col cavolo che il rag. Franco Miroglio avrebbe investito i suoi soldi a Ginosa e non(Vinosa.con i soldi dello stato tutti sappiamo fare gli imprenditori.... Dico grazie alla Miroglio per aver preso in giro un territorio,grazie per aver illuso centinaia di famiglie, grazie per averci fatto capire che con lei non si puo essere onesti,ma bisogna comportarsi con lei, come lei si è comportato con noi...mi auguro che ha presto le arrivino 225 denunzie per danni civili e morali....un vostro dipendente Miroglio...
Grazie per avermi avvisato dell'errore di battitura la (G) e la (V) sono vicine. Sicuramente sarebbe più opportuno scrivere queste cose direttamente all'azienda, io ho solo cercato di ricostruire la Storia di un'azienda che opera sul territorio del Piemonte.
Sig. Iacobellis, ognuno nel limite della decenza può manifestare le sue opinioni, la pregherei solo di non scrivere tutto in maiuscolo (vuol dire urlare) e in internet è segno di maleducazione. E' comunque una delle poche persone che firmano i loro commenti e questo le fa onore.
CARO GIORNALISTA, MI DISPIACE MA IL SENSO DI RABBIA CHE PROVO ( come lo provano altre 225 persone come me) PER AVER PERSO IL LAVORO A SOLI 30 ANNI E' INDESCRIVIBILE; ORA LE CHIEDO:
- PERCHE' NON VIENE QUI A GINOSA A FARE UN REPORT SULLA VICENDA MIROGLIO E PUBBLICARLO SU IN PIEMONTE VISTO CHE LA NOSTRA REALTA', I PIEMONTESI, NON LA CONOSCONO?
GUARDIAMO ANCHE L' ALTRO LATO DELLA MEDAGLIA!
La ringrazio in anticipo e spero di sentirLa presto per un suo commento.
IACOBELLIS FRANCESCO
TESSITORE DELLA FILATURA E TESSITURA DI PUGLIA
EMAIL: dexter81_2@libero.it
Caro Francesco,
e le dico caro senza nessuna ironia, perchè ho il massimo rispetto per la gente che vuole lavorare, e il lavoro deve essere un diritto.
Purtroppo come ho già risposto sul blog avete scelto il posto sbagliato per fare questa, giusta, contestazione.
Sbagliato perchè non sono un giornalista, perchè questa non è una testata giornalistica ma solo un blog personale che fra le tante cose che
riguardano il Piemonte, si occupa anche di industrie locali, e se ci fa caso (vedi fondo articolo) il pezzo in questione è stato tratto da un'altro sito ben più autorevole del mio.
Di questa situazione non ero al corrente ma le assicuro che qui in Piemonte la situazione lavorativa è drammatica quanto li da voi.
In Puglia verrei molto volentieri in quanto deve essere una terra meragliosa, qui ho diversi amici pugliesi e mi parlano di posti e gente meravigliosa,ma se venissi come dice lei a fare un report non interesserebbe a nessuno.
Auguro, con tutto il cuore, a lei ed ai suoi colleghi che la situazione si ristabilizzi al più presto e possiate avere un futuro sereno come meritano tutti i lavoratori del nord del centro e del sud.
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