lunedì 6 settembre 2010

Torino nel 1837 nasce l’odierna Italgas (Gaz)

TORINO NEL 1987 NASCE L’ITALGAS

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Ancora una volta una delle grandi Industrie che hanno portato sviluppo e benessere a tutta l’Italia è nata a Torino, si tratta dell’Italgas, l’avvento del gas è stato uno di quegli avvenimenti che hanno cambiato il modo di vivere di milioni di persone ed un’importante impulso all’economia.

Un ricordo, personale, indelebile è l’omino che passava di casa in casa  a leggere il contatore del gas con il tipico cappellino, con la scritta “Gaz”, ma veniamo alla storia dell’Italgas a partire proprio da quel lontano 1837…

La prima società italiana specializzata nella distillazione di combustibili solidi per la produzione di gas illuminante nasce a Torino nel 1837, su iniziativa di alcuni imprenditori francesi. I promotori della Società anonima per l'illuminazione della Città di Torino col mezzo del Gaz idrogeno carbonato sono François Reymondon, architetto di Grenoble, e Hippolyte Gautier, ingegnere lionese e consigliere d'amministrazione della Société du Gaz de Lyon.

 
Partecipano all'impresa anche alcuni rappresentanti dell'aristocrazia degli affari piemontese, tra cui i banchieri e commercianti di seta Nigra, Tron e Barbaroux, esponenti della nobiltà e del mondo militare e accademico, come il professor Giovanni Plana.

La società allestisce il processo produttivo - che a partire dal litantrace permette di ottenere gas illuminante da distribuire nelle varie zone della città - in un'officina situata nel quartiere della Crocetta, fuori Porta Nuova. Per questo motivo la società è conosciuta come Compagnia di Porta Nuova.

Gli investitori francesi, che detengono il pacchetto azionario di maggioranza, si occupano di gestire gli aspetti tecnici dell'attività, quelli piemontesi, meglio introdotti negli ambienti politici e conoscitori della legislazione in materia, quelli amministrativi.

Nel maggio 1838 il municipio di Torino concede alla società la possibilità di utilizzare il sottosuolo cittadino gratuitamente; in cambio si riserva il diritto di controllare i lavori di scavo, di posa delle tubature e di risistemazione stradale e ottiene come garanzia l'iscrizione di un'ipoteca sugli immobili della stessa.

Nel corso dei suoi primi anni di vita, la società non registra un andamento positivo. Gli ingenti costi fissi, gli elevati costi di trasporto e i pesanti dazi doganali che gravano sul litantrace e sugli impianti, entrambi importati dall'estero, rendono il prezzo del gas esorbitante; e ciò si riflette sulla domanda, che stenta a crescere.

Bozzetto raffigurante lo stabilimento per l'illuminazione a gas in Torino di Porta Nuova. Torino, 1838. Archivio Storico Italgas, Torino [pdf]Inizialmente il numero degli utenti del nuovo servizio rimane esiguo: l'illuminazione a gas si diffonde soltanto nelle abitazioni della nobiltà e dell'alta borghesia e in locali pubblici di prestigio, mentre la maggior parte delle vie, delle abitazioni e dei locali delle imprese industriali sono ancora illuminati con candele e lampade ad olio.

Inoltre, i sottoprodotti della lavorazione, come il catrame e le acque ammoniacali, sono difficilmente collocabili sul mercato.

L'impresa inizia a distribuire dividendi nel 1845, anche se l'anno della svolta positiva è il 1846, quando viene siglata con il Comune un'intesa che garantisce alla Compagnia di Porta Nuova il servizio di illuminazione della città per nove anni.

Seguendo i dettami del liberismo in materia di beni pubblici, il municipio non concede mai alla Società anonima per l'illuminazione della Città di Torino il diritto di privativa. La fase del monopolio si conclude con la nascita nel 1851 della Società anonima Piemontese per l'illuminazione a Gaz in Torino, controllata da esponenti del mondo industriale torinese, tra cui i fratelli Albani, proprietari di una fabbrica di zolfanelli, e detta anche Società di Borgo Dora per la localizzazione dell'officina di produzione.

Scaduta la convenzione con il Comune, la Compagnia di Porta Nuova, in difficoltà dal punto di vista tecnico e organizzativo, si accorda con la temuta concorrente: nel 1856 le due imprese si fondono, costituendo la Società Gaz-Luce di Torino, con un capitale sociale di 1.962.000 lire.

La nuova impresa, presieduta dall'industriale laniero Giuseppe V. Sella, unifica le reti di distribuzione del gas, apporta miglioramenti significativi agli impianti, soprattutto nell'officina di Porta Nuova, e si dota di nuovi magazzini per lo stoccaggio delle materie prime e degli

Dopo una fase critica, dovuta all'ingresso nel mercato di una nuova concorrente, la Società Anonima Consumatori Gaz-Luce di Torino, nel 1863 il Credito Mobiliare, guidato da Domenico Balduino e strettamente legato alla banca d'affari francese Crédit Mobilier dei fratelli Péreire, entra in possesso del pacchetto di maggioranza della Società Gaz-Luce che, nello stesso anno, assume la nuova denominazione di Società Italiana per il Gaz (in seguito Società Italiana per il Gas detta anche Italgas).

Decreto di Carlo Alberto per la costituzione della Società per l'Illuminazione a gaz della Città di Torino. Torino, 12 settembre 1837. Archivio Storico Italgas, Torino [pdf]La società estende i suoi interessi a livello nazionale e apre nuove officine a Pavia e Bergamo e, sulla piazza torinese, oppone una sfrenata concorrenza alla rivale Consumatori.

Nella città, divenuta capitale del regno e protagonista di un notevole sviluppo demografico ed economico, la domanda di gas è cresciuta sensibilmente, anche in conseguenza di una diminuzione dei prezzi del prodotto per una riduzione dei costi.

Ad eccezione della battuta d'arresto dovuta al trasferimento della capitale a Firenze, il servizio si diffonde tra gli utenti in misura crescente, grazie all'introduzione dei caloriferi, dei fornelli, degli scaldabagno, dei tostacaffè e dei motori a gas, in grado di integrare il lavoro svolto dagli impianti idraulici e a vapore. Nell'area torinese, l'affermazione del settore del gas fa incrementare notevolmente la produzione di coke, sottoprodotto dell'industria, venduto alle imprese in sostituzione del litantrace e di altri più costosi combustibili.

Negli anni Settanta, per aumentare la capacità produttiva, la società introduce nuovi forni a gasogeno, che però non danno i risultati sperati, mentre sono ampliati gli impianti a Borgo Dora e gradualmente smantellati quelli di Porta Nuova.

Nei primi anni Ottanta il settore del gas raggiunge la fase della maturità, mentre nel territorio subalpino si verificano le prime esperienze nel campo elettrico. La Società Italiana si interessa al nuovo settore, in principio direttamente e dal 1885 tramite una società appositamente costituita, la Società Italiana per l'Illuminazione Elettrica, ma l'esperienza viene presto conclusa.

Il settore del gas e quello elettrico continuano per molto tempo a competere nell'ambito dell'illuminazione pubblica: nel 1896, in un'ottica difensiva, L'Italgas adotta, non senza iniziali reticenze, le lampade Auer in grado di coniugare il basso consumo di gas ad un'intensa capacità luminosa.

A fine secolo, la società acquisisce il controllo di diverse imprese italiane impegnate nel settore del gas e raggiunge un importante accordo con la Società Italiana per l'Industria del Gas di Milano che prevede un reciproco scambio di azioni.

Queste operazioni sono realizzate con il sostegno del Credito Italiano, che diventa un importante azionista della società. Nel 1900 il capitale sociale della stessa raggiunge i 10 milioni di lire.

Allo stesso tempo, la società adotta una politica di integrazione verticale, sia a monte del processo produttivo, per assicurarsi un costante rifornimento di carboni a prezzo conveniente, sia a valle, con l'obiettivo di trovare un sicuro e remunerativo collocamento per i sottoprodotti.

Ai primi del Novecento, sotto la spinta delle idee di alcuni politici ed economisti cattolici, socialisti e liberali, prende vita in Italia un accesso dibattito sulla municipalizzazione dei servizi di pubblica utilità.

A seguito dell'emanazione della legge del marzo 1903, a Torino, il sindaco Secondo Frola realizza la municipalizzazione del servizio elettrico, dell'acquedotto e dei trasporti urbani, mentre per il servizio di distribuzione del gas è stabilito di continuare con il regime della concessione a termine della illuminazione pubblica; d‘altro canto, la Società Italiana è costretta a cedere ai municipi di Pavia e Palermo le officine di sua proprietà.

Nel periodo che precede la prima guerra mondiale, l'Italgas consolida la sua posizione nell'ambito della distribuzione del gas, acquisendo nuove tecnologie, e investe nel settore immobiliare. 

Lo scoppio del conflitto non coglie impreparata la società che, però, a partire dal 1916, accusa gravi disagi per i ritardi nei rifornimenti dei carboni, per la diminuzione dei consumi civili e per l'andamento negativo della Società Italiana per l'Industria del Gas, di cui la Società Italiana ha acquisito il controllo, e di officine minori, in particolare quella di Ferrara. In questi anni, l'Italgas accentua il ricorso a politiche di integrazione verticale e inizia pratiche di diversificazione, tra cui la fabbricazione di eliche di legno per aeroplani.

Nel 1917 entra nella compagine societaria l'avvocato novarese Rinaldo Panzarasa, che ne diventa nel 1923 presidente.

Nei primi anni Venti la società si occupa direttamente della produzione e commercializzazione del gas non solo in diverse zone del Piemonte, ma anche in Lombardia, Liguria, Toscana, Emilia Romagna, Abruzzo e Sicilia. Il mercato di Torino rimane però il più importante: nel capoluogo piemontese sono distribuiti 12.700.000 metri cubi di gas annui, su un totale di 19 milioni di metri cubi; nel 1923 il numero di abbonati a Torino è pari a 61.000.

Durante la gestione Panzarasa, grazie al sostegno finanziario accordato dal Credito Italiano, l'Italgas muta completamente fisionomia.

La società viene trasformata in una holding che, per mezzo di società controllate, non solo riesce a intensificare la sua presenza nel settore del gas, approfittando delle sempre più frequenti privatizzazioni, ma anche a impegnarsi in ambiti industriali strettamente connessi al core business: dal settore minerario al chimico (lavorazione del catrame, produzione di esplosivi, coloranti, farmaci e fertilizzanti) grazie all'impiego di gas e derivati del carbon fossile, al terziario legato sempre all'acquisizione e trasporto delle materie prime.

Dal 1924 Panzarasa si interessa all'industria elettrica, acquisendo un consistente pacchetto di azioni preferenziali della SIP di Gian Giacomo Ponti, con cui inizia un sodalizio duraturo. L'anno successivo, entra a far parte del gruppo Italgas la concorrente Consumatori, che nel frattempo ha mutato denominazione in Società Torinese Industrie Gas Elettricità (STIGE).

Per realizzare il suo ambizioso programma industriale-finanziario, Panzarasa fa ricorso in misura crescente all'indebitamento bancario, ottenendo prestiti anche negli Stati Uniti, mentre le vendite di gas e sottoprodotti subiscono un netto ridimensionamento a causa delle ripercussioni della “quota Novanta” prima e della crisi del 1929 poi.

A nulla vale il tentativo di razionalizzare le attività nel settore chimico, realizzato nel 1928 con la costituzione dell'Azienda Coloranti Nazionali e Affini (ACNA), e di concentrare in organismi maggiori la presenza nel settore d'origine.

Nel 1930 il titolo Italgas perde sempre più valore sul mercato borsistico e il 18 ottobre di quell'anno il finanziere novarese, oramai privato dell'appoggio del governo, è costretto a dimettersi dalla presidenza. La sistemazione della Società viene curata dalla Sofindit, finanziaria legata alla Banca Commerciale Italiana, che realizza la cessione della stessa a una cordata di imprenditori guidata da Alfredo Frassati.

Frassati, in precedenza proprietario e direttore del quotidiano “La Stampa”, detiene le redini dell'Italgas per oltre trent'anni.

Dal 1931 vengono liquidate numerose partecipazioni estranee al settore del gas, tra cui quelle nella Società Anonima Gestione Amministrazione Compartecipazioni Industriali Azionarie (SAGACIA), superholding costituita nel 1928 cui è stato ceduto il pacchetto azionario di controllo dell'Italgas, e nell'ACNA; sono stimati 455 milioni di lire di debiti, coperti anche grazie al reintegro, quasi interamente sottoscritto da parte della Sofindit, del capitale sociale a 260 milioni di lire, dopo una prima svalutazione da 260 a 26 milioni di lire.

Prima del secondo conflitto mondiale, la società, portato a termine il risanamento finanziario, opera principalmente nel settore del gas ed è ancora impegnata nel settore chimico mediante imprese acquisite precedentemente come la Schiapparelli e la Cokitalia, gestite in accordo con la Montecatini.

L'Italgas supera senza eccessive perdite i difficili anni della guerra, riuscendo a scongiurare il trasferimento di numerosi operai in Germania e ad evitare la distruzione degli impianti da parte dei guastatori tedeschi.

Dal 1949, grazie ai finanziamenti previsti dal Piano Marshall, allo sblocco dei prezzi interni del gas e all'avvio del processo di integrazione dei mercati, la società registra nuovamente un andamento economico positivo. Nel 1960 il gas venduto dalle imprese del gruppo raggiunge i 2.221 milioni di metri cubi, contro i 249 milioni del 1947.

Se è vero che l'immediato dopoguerra è contraddistinto dalla cessione, da parte della società, di alcune interessenze precedentemente acquisite nel settore del gas naturale, dal 1949 l'impresa, non senza difficoltà, inizia ad impiegare in misura crescente il metano come combustibile in sostituzione del carbon fossile e delle nafte.

Terminata ai primi anni Sessanta l'era Frassati, l'Italgas vive un periodo piuttosto burrascoso dal punto di vista finanziario, per le ripercussioni della crisi che coinvolge la Società Finanziaria Italiana (SFI) di Milano, suo azionista di maggioranza.Nel 1967 il pacchetto azionario che assicura il controllo della società viene acquisito dalla Società Nazionale Metanodotti (SNAM) e l'Italgas entra così a far parte della galassia ENI.

Nel 1972 la società è presente in 128 comuni e distribuisce quasi un miliardo di metri cubi di gas. L'Italgas, sempre più specializzata nel settore del gas naturale, sa sfruttare a suo vantaggio la crisi petrolifera 1973-1974.

Alla fine del 1981 viene approvato il Piano Energetico Nazionale (PEN) che mira a ridurre la dipendenza italiana dal petrolio e incentiva la diffusione del gas naturale nel Mezzogiorno.
Italgas è protagonista della metanizzazione del Sud Italia passando dagli 11 Comuni serviti nel 1981 agli 86 nel 1984; inoltre, il piano quinquennale varato nel 1985, prevede investimenti nel Mezzogiorno per 2.840 miliardi.

Gli anni Novanta fanno registrare una continua espansione di Italgas e delle sue Società controllate: oltre 1.400 Comuni in concessione, una rete di distribuzione che si estende per 45.000 chilometri, 8 miliardi di metri cubi di gas venduto, più di 5.700.000 clienti.

Sono questi i "numeri" della presenza Italgas in Italia, sul finire del secolo scorso. Le Società del Gruppo servono sia grandi città come Roma, Torino, Venezia, Firenze e Napoli, sia comuni di medie e piccole dimensioni.

Nel 2000, a seguito del mutato panorama legislativo di riferimento, l'Italgas è costretta a cedere l'attività di commercializzazione del gas alla divisione Gas and Power dell'ENI e da allora è leader in Italia nel settore della distribuzione di gas naturale in ambito urbano.

Nel 2003 l'ENI, già principale azionista della società, diventa proprietario della totalità delle azioni dell'Italgas, grazie al lancio di un'offerta pubblica d'acquisto.

Nel 2006 l'Italgas distribuisce, sia direttamente, sia tramite società consociate, 16,3 miliardi di metri cubi di gas tramite quasi 100.000 chilometri di tubazioni, per un totale di più di 12 milioni di contatori installati; esso è presente in quasi 1.500 comuni, tra cui Torino, Venezia, Firenze, Roma, Napoli in cui distribuisce metano, importato soprattutto da Russia, Olanda, Norvegia e da alcuni paesi nordafricani.

Nell'aprile 2008 Giovanni Locanto è confermato presidente della società, mentre Domenico Elefante viene nominato nuovo amministratore delegato.

 

Fonte: Storia e cultura dell’industria

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