Lo Storico Carnevale di Ivrea è una manifestazione carnevalesca istituzionalizzata intorno al 1808 sulla base di antiche feste rionali e che da allora si svolge pressoché ininterrottamente nell'omonima città piemontese.
In relazione alla sua tradizione ed agli accadimenti celebrati nel corso della festa, mescolando riferimenti all'esercito napoleonico ed alle rivolte popolari che ebbero luogo in Canavese in epoca medievale, la sua denominazione ufficiale è di "Storico Carnevale di Ivrea".
« Il Carnevale di Ivrea è l'unico che abbia mantenuto un legame con il Medioevo, epoca in cui questa festa nasce: né quello di Venezia, risvegliatosi circa trent'anni fa, né quello di Viareggio, con i carri allegorici e i fantocci di cartapesta, istituita nel 1873, possono vantare una tradizione ininterrotta. »
Il carnevale di Ivrea si caratterizza soprattutto per il complesso cerimoniale folcloristico denso di evocazioni storico-leggendarie, per l'obbligo che i partecipanti hanno d'indossare una berretta rossa, e per la spettacolare Battaglia delle Arance, che è divenuta l'icona stessa del carnevale.
Il carnevale tra storia e leggenda
Le origini del Carnevale d'Ivrea si possono far risalire almeno al XVI secolo quando la festa veniva gestita, in rivalità tra loro, dai vari rioni della città (rappresentati dalle parrocchie di San Maurizio, San Lorenzo, Sant'Ulderico, San Salvatore e San Grato). Vengono attribuiti a quel periodo alcuni aspetti del cerimoniale che si sono conservati nel tempo.
Innanzi tutto la presenza degli Abbà, che erano verosimilmente, a quei tempi, giovanotti scapestrati che, nel "mondo alla rovescia" tipico delle feste carnescialesche, assumevano scherzosamente la carica di comandante della milizia del Lbero Comune (Abbà o Abà); oggi il loro ruolo è interpretato da bambini scelti in rappresentanza dei vari rioni.
Vi è poi il rituale, con evidenti chiami ai riti di fertilità, dell'innalzamento e dell'abbruciamento degli scarli, alti pali di legno interamente ricoperti di calluna secca. Il lunedì di carnevale, l'ultima coppia di sposi del rione dissoda, a colpi di piccone, la terra dove dovrà essere conficcato lo scarlo; il martedì sera – come cerimonia conclusiva del carnevale che cede il passo alla Quaresima- gli Abbà, accompagnati dal corteo, provvedono con le torce ad appiccicarvi il fuoco per farne un falò.
L'antica tradizione dei carnevali rionali fu soppiantata nel 1808 dall'unificazione delle feste voluta, anche per motivi di ordine pubblico, dalle autorità napoleoniche che governavano la città. Risale a quella data la istituzione della figura del Generale, simbolo dell'autorità municipale, che veste l'uniforme dell'esercito napoleonico ed assume simbolicamente i poteri di gestione della festa.
Da quel momento si aprì il processo di "storicizzazione" del carnevale, collegando il significato della sua celebrazione all'affermazione degli ideali di libertà giunti in Piemonte con la Rivoluzione Francese. Vi è da menzionare a tale proposito uno degli elementi che connotano maggiormente le tre giornate di festa, vale a dire l'obbligo per tutti i partecipanti -pena il rischio di diventare bersaglio di "grazioso getto delle arance" - di indossare il rosso berretto frigio, icona rivoluzionaria resa famosa dalla Marianne e dai sanculotti parigini.
Anche le uniformi - con giubbe e pantaloni dai colori blu e rosso, stivali di cuoio nero, spada al fianco e feluche piumate – indossate dallo Stato Maggiore, gli ufficiali posti agli ordini del Generale, sono quelle dell'esercito napoleonico. Analoghe divise portano le quattro Vivandiere che, nei tre giorni di festa, sfilano a cavallo assieme allo Stato maggiore.
Il processo di storicizzazione del carnevale si incaricò tuttavia di cercare, risalendo ad epoche ben anteriori alla Rivoluzione Francese, le origini dell'ansia di libertà e di lotta contro la tirannide, collocandole nelle vicende medievali che hanno interessato la città di Ivrea. In virtù della lettura in chiave romantica che, a partire dall'Ottocento, è stata data al Medioevo, si è voluto connotare il cerimoniale della festa in modo che essa celebrasse la lotta degli eporediesi contro la tirannide del Marchese del Monferrato. Troviamo documentata per la prima volta nel 1858 – nel pieno del manifestarsi degli ideali risorgimentali- la presenza di quella che da allora è l'eroina della festa, la Mugnaia.
La leggenda vuole che, il giorno delle sue nozze, Violetta (era questa nome della ragazza popolana, figlia di un mugnaio di Ivrea) fosse stata trascinata nel "Castellazzo" dal perfido tiranno deciso a reclamare lo Ius primae noctis; ma Violetta, novella Giuditta, riuscì a far ubriacare il tiranno, per poi tagliargli nel sonno la testa, dando così inizio – come recitano le parole della "Canzone del Carnevale" - alla sollevazione popolare e all'abbattimento del maniero del tiranno.
Nessuna vicenda storica suffraga puntualmente la leggenda, dal momento che i marchesi del Monferrato, pur tentando nel corso del XII secolo di signoreggiare su Ivrea, non riuscirono mai a stabilirvi durevolmente il proprio dominio.
Ciò nondimeno il folclore del carnevale d'Ivrea è pieno, soprattutto nei costumi e negli stendardi che connotano la battaglia delle arance di richiami alle tradizioni medievali canavesane. Non va scordato che – come ha scritto Carducci – che lungo le vie del centro storico di Ivrea, dove ha luogo la sfilata del carnevale, aleggia l'ombra di re Arduino.
La sfilata del corteo storico
Nei tre giorni di carnevale, lungo le vie cittadine, si svolge la tradizionale sfilata alla quale partecipano carri, gruppi folcloristici e bande musicali provenienti, su invito, anche da altre regioni italiane o da altri paesi europei. Ogni anno dunque il carnevale presenta elementi di novità, ma la tradizione rimane ben ancorata a due elementi: la sfilata del corteo storico e la battaglia delle arance.
Durante la sfilata del corteo, il momento di massima partecipazione emotiva ed identificazione degli eporediesi con la loro festa è rappresentato dal passaggio della Mugnaia, l'eroina delle festa, sottolineato dagli applausi e dalle grida di evviva degli spettatori. La sposa eporediese designata ad impersonare la "vezzosa Mugnaia" sfila su un carro dorato, indossando una lunga veste di lana bianca, attraversata da una fascia verde di seta sulla quale è appuntata una coccarda rossa con i simboli del carnevale. Sulle spalle porta una mantella di ermellino ed in testa indossa il rosso berretto frigio a forma di calza, che le scende su un lato del viso. Assieme a lei sul carro stanno damigelle, paggi ed attendenti che l'aiutano nelle operazioni di lancio generoso di caramelle e di rametti di mimosa.
Davanti al carro della Mugnaia sfilano gli Alfieri con le antiche bandiere dei rioni; poi viene il corteo a cavallo guidato dal Generale; dietro a lui sfilano gli ufficiali dello Stato Maggiore e le Vivandiere, con le divise blu e rosse dell'esercito napoleonico; vi partecipa anche il Sostituto Gran Cancelliere, che indossa un costume di velluto nero, porta in capo parrucca e tricorno e tiene con sé il "Libro dei Verbali"la cui copia originale, che portava data 1808, è stata distrutta nella sua copertina vecchia di duecento anni, dall'imperizia del notaio Ezio Liore.
Vi partecipano inoltre i giovanissimi Abbà, con vestiti di foggia medievale e con in mano una piccola sciabola sulla quale è infilzata un'arancia, simbolo delle testa mozzata del tiranno. Dietro al carro della Mugnaia incede la Scorta d'Onore che indossa la verde divisa del "Primo Battaglione Cacciatori" ai tempi della Repubblica Cisalpina.
L'atmosfera gioiosa che accompagna la sfilata del corteo storico non sarebbe tale senza le musiche del carnevale. È la banda municipale ad eseguire "La Canzone del Carnevale", l'inno ufficiale della festa che, nelle sue parole, celebra la rivolta popolare contro il tiranno [7]. Tuttavia l'animazione musicale della festa spetta soprattutto alla Banda dei Pifferi e Tamburi, altro elemento tipico che connota il Carnevale d'Ivrea. La banda, in uniforme con giubba rossa e pantaloni verdi, marcia in testa al corteo storico eseguendo una serie assai ampia di arie sette-ottocentesche modulate sui sei fori dei pifferi costruiti in legno di bosso, e ritmate dal suono dei tamburi e di una grancassa
La presenza dei Pifferi e Tamburi pare derivare dall'antica tradizione sei-settecentesca dei carnevali rionali (non a caso alcune "pifferate" del loro repertorio portano i nomi delle cinque diverse parrocchie degli antichi rioni); essa riecheggia altresì le bande musicali dell'esercito dei Savoia nel periodo del Regno di Sardegna.
La battaglia delle arance
La battaglia delle arance rappresenta il momento più spettacolare del carnevale, motivo di richiamo turistico annuale per migliaia di visitatori.
Le origini della battaglia sono incerte, ma risalgono verosimilmente ad anni intorno alla metà dell'Ottocento quando presero ad essere praticate scherzose schermaglie tra le carrozze e la gente sui balconi.
La battaglia condotta con le modalità attuali nacque nel XX secolo, e precisamente nell'immediato dopoguerra, quando si formarono le prime squadre a piedi di aranceri e si allestirono i primi carri da getto. L'iniziativa sorta "anarchicamente" al di fuori dell'ufficialità delle celebrazioni carnevalesche, fu subito riportata al contesto storico-leggendario del carnevale, stabilendo che i carri dovessero rappresentare i ben armati manipoli di sgherri agli ordini del tiranno e che le squadre a piedi dovessero essere intese come bande popolane in rivolta. La battaglia diventò così anch'essa simbolo delle lotte del popolo contro la nobiltà.
La battaglia ha per teatro le principali piazze della città; essa si svolge, come detto, tra i carri che passano al seguito del corteo e le squadre che presidiano la piazza.
I carri, pittorescamente bardati, sono trainati da pariglie o quadriglie di cavalli; ciascuno di essi trasporta un gruppo formato da non più di una decina di "aranceri", protetti da costumi con vistose imbottiture e da terrificanti maschere di cuoio con grate di ferro per riparare il viso: sono aranceri abituati a lanciare con entrambe le braccia in modo da aumentare la "potenza di fuoco". Ogni banda a piedi è formata da molte decine di aranceri - uomini e donne - che vanno all'assalto del carro che transita dalla piazza cercando di colpire soprattutto gli avversari sulla maschera protettiva, in modo che il succo delle arance entri loro negli occhi. Indossano colorati costumi con campanelli alle caviglie e con casacche legate in vita, semiaperte sul davanti in modo da contenervi una buona provvista di arance; non dispongono di alcuna protezione che li ripari dai colpi nemici.
Una speciale commissione osserva, nei tre giorni di suo svolgimento, l'andamento della battaglia ed assegna un premio alle bande a piedi ed ai carri da getto che, per ardore, tecnica e lealtà, si sono maggiormente distinte.
Con la popolarità assunta – anche in virtù dei mass media – dalla battaglia delle arance il numero di squadre a piedi e di aranceri che in esse militano è andato vistosamente accrescendosi nel tempo. Si sono costituite associazioni di aranceri, dai nomi pittoreschi, che si occupano di organizzare la partecipazione al carnevale La sfilata del sabato sera, un tempo prerogativa della goliardia degli universitari, è diventata la festa degli aranceri che provvedono, con le loro associazioni, ad addobbare strade e piazza con striscioni e stendardi che espongono i loro simboli, colori e slogan di battaglia.
Ad Ivrea la battaglia delle arance ha, da sempre, dato luogo a polemiche, per i supposti sprechi (in realtà le arance che, al termine di ogni giorno di battaglia, ricoprono interamente, con i loro sfasciumi, le strade e le piazze della città, sono quasi prive di valore commerciale), per il "bollettino dei feriti" che ogni anno debbono ricorrere al pronto soccorso ospedaliero, per gli episodi individuali di intemperanza e malcostume (che sono peraltro il poco edificante risvolto di ogni festa popolare).
Squadre degli aranceri a piedi
le squadre degli aranceri sono 9:
- ARANCERI ASSO DI PICCHE: Con casacca rosso-blu e foulard nero luogo di tiro piazza di città
- ARANCERI DELLA MORTE: Con casacca nera e pantaloni rossi e con un teschio nero su sfondo bianco con tiro in piazza di città
- ARANCERI TUCHINI DEL BORGHETTO: Con casacca rosso verde (e un corvo) e luogo di tiro in borghetto
- ARANCERI DEGLI SCACCHI: Con casacca a scacchi bianco-nera e una torre arancione sulla schiena e tiro in piazza ottinetti
- ARANCERI PANTERA NERA: Con casacca tutta nera e una pantera gialla sulla schiena con tiro in piazza del rondolino
- ARANCERI SCORPIONI D'ARDUINO: Con casacca giallo-verde e scorpione nero con luogo di tiro in piazza ottinetti
- ARANCERI DIAVOLI: Con casacca giallo-rossa e diavolo arancione con luogo di tiro in piazza del rondolino
- ARANCERI MERCENARI: Con casacca granata e spade incrociate inscritte in una stella gialla sulla schiena e luogo di tiro in piazza del rondolino
- ARANCERI CREDENDARI: Con casacca giallo-blu e luogo di tiro in piazza freguglia
Il cerimoniale della festa
Il programma della manifestazione carnevalesca va al di là della sfilata del corteo storico e della battaglia delle arance; esso si svolge seguendo un cerimoniale articolato e complesso, disciplinato da un ben preciso copione, su di un arco temporale che si estende ben oltre i tre canonici giorni della festa.
Ad Ivrea il carnevale inizia già il giorno dell'Epifania, quando viene presentato alla città il nuovo Generale e quando, accompagnato dal suono della Banda dei Pifferi e Tamburi, il corteo, anche con le figure del Podestà e dei Credendari sale sino alla Cappella dei Tre Re sul Monte Stella per la tradizionale offerta dei ceri al Vescovo.
Il programma prosegue nelle due domeniche che precedono la festa con la cerimonia della Prise du drapeau, con quella dell' Alzata degli Abbà, e con la partecipazione del Generale e dello Stato Maggiore alle "fagiolate benefiche" organizzate nei quartieri periferici ed altro ancora.
Altre cerimonie si celebrano il "giovedì grasso"; altre ancora il "sabato grasso", specie quando, di sera, sul balcone del Palazzo di Città, la Mugnaia viene presentata alla folla(avendo avuto cura di celarne sino allora la identità). Vi è addirittura una coda del Carnevale che si svolge nel quartiere del Borghetto il "mercoledì delle ceneri", con la distribuzione di "polenta e merluzzo" gestita dal Comitato delle Croazia.
Tra le manifestazioni rituali più interessanti sotto il profilo delle rievocazione storica, va menzionata la cerimonia della Preda in Dora, quando il Podestà, ripetendo un gesto che si vuol far risalire al Medioevo, lancia nel fiume delle città un sasso, prelevato simbolicamente dai ruderi del Castellazzo, e proclama ad alta voce Hic facimus in spretum Marchionis Montisferrati ribadendo l'impegno cittadino ad opporsi a qualsiasi tirannia.
Dopo l'incendio dell'ultimo scarlo, quello del Borghetto, il Generale e lo Stato Maggiore smontano da cavallo ed il corteo, attraversato il Ponte Vecchio, percorre via Guarnotta, piazza Maretta, via Arduino e via Palestro fino alla piazza Ottinetti. Lungo il percorso, nel silenzio della folla, i Pifferi e Tamburi eseguono la Marcia funebre, una melodia di struggente lentezza; giunti in piazza Ottinetti eseguono per l'ultima volta, in segno di ringraziamento, la Marcia del Generale. Poi la festa si chiude definitivamente con il saluto tradizionale in dialettoArvedse a giobia 'n bot ("Arrivederci all'una di giovedì"), con il quale ci si dà appuntamento al carnevale dell'anno seguente.
Mirò
Fonte: Wikipedia
Sito ufficiale del Carnevale d’Ivrea
Nessun commento:
Posta un commento