Il Torino Football Club - comunemente noto come Torino o, informalmente, come Toro - è una società italiana di calcio con sede nell'omonima città. Milita nel campionato di Serie B e, insieme alla concittadina Juventus, è una delle due formazioni professionistiche del capoluogo piemontese.
Fondata come Foot-Ball Club Torino il 3 dicembre 1906, poi rinominata AC Torino (e, in seguito, Torino Calcio), è fallita il 17 novembre 2005 a seguito di un dissesto finanziario. Il 17 luglio 2005 era stata denominata provvisoriamente Società Civile Campo Torino, divenendo Torino FC poche settimane dopo, con l'acquisizione dei diritti sportivi da parte del cosiddetto Lodo Petrucci.
La nuova compagine, anche grazie all'acquisizione dei vecchi marchi societari dall'asta fallimentare, prosegue a tutti gli effetti la storia sportiva e societaria della squadra originaria. Si può considerare quindi l'erede di quella Internazionale Torino che attraverso varie fusioni e rifondazioni è da alcuni considerata la prima squadra di calcio italiana e il più antico sodalizio calcistico d'Italia.
Il 3 dicembre 2006, allo Stadio Olimpico di Torino , il Torino Football Club ha festeggiato il Centenario dalla nascita con una grande festa che ha visto sfilare in campo, tra gli applausi dei 25.000 tifosi presenti sugli spalti di uno stadio tutto esaurito, 100 tra gli ex giocatori ed allenatori più rappresentativi
Storia
La fondazione
Nella città il gioco del calcio arriva sul finire dell'Ottocento, portato dall'iniziativa di industriali svizzeri e inglesi. Già nel 1887 nel capoluogo piemontese la compagine calcistica rosso-nera dell'Internazionale Torino, presieduta dal Duca degli Abruzzi, svolge la sua attività sportiva, insieme alla squadra dei Nobili Torino in divisa giallo-nera; nel 1894 in città le squadre diventano tre, con la fondazione del Football Club Torinese.
Il nuovo gioco spopola, soppiantando presto quello del pallone elastico, che al tempo era lo sport con la palla più seguito: nel 1897 vengono fondate la sezione calcistica della polisportiva Ginnastica Torino e la Juventus. Le prime tre, assieme al Genoa, l'8 maggio 1898 nell'ambito dei festeggiamenti in occasione dell'Esposizione Internazionale per i cinquant'anni dello Statuto Albertino, sul campo del Velodromo Umberto I di Torino (nei pressi dell'attuale ospedale Mauriziano) danno vita al primo Campionato Italiano di Calcio, vinto dai rossoblù genovesi.
Nel 1900, il Football Club Torinese assorbe l'Internazionale Torino, ma la vera svolta per la squadra, che in quegli anni continua a vestire la maglia giallonera a strisce verticali, arriva il 3 dicembre 1906, una gelida sera d'inverno: nella birreria Voigt (oggi bar Norman) di via Pietro Micca, viene sancita un'alleanza con un gruppo di dissidenti della Juventus, guidati dallo svizzero Alfredo Dick, che non condividono la svolta verso il professionismo della società bianconera. Dalla fusione tra l'FC Torinese e il citato gruppo di dissidenti nasce il Foot Ball Club Torino, che nel 1936 per decisione del regime fascista muterà poi nome in Associazione Calcio Torino. A causa di queste ascendenze, viene talvolta indicata come la più antica società calcistica d'Italia. Altri considerano tale la Pro Vercelli, effettivamente fondata nel 1892, ma la cui sezione calcistica è stata creata soltanto nel1903. In realtà il simbolico titolo di più antica società calcistica italiana tuttora in attività è quasi universalmente attribuito al Genoa 1893.
Dai primi passi alla Grande Guerra
La nuova società cambia i colori sociali in granata; sui motivi della scelta si narrano varie versioni. Spesso riportata è quella secondo la quale lo svizzero Alfredo Dick sarebbe stato tifoso del Servette, squadra di Ginevra dai colori granata; pare però attendibile anche la versione che vorrebbe il granata in onore del Duca presidente onorario, in luogo dei colori arancio-nero a strisce verticali delle divise dell'Internazionale Torino - che con il tempo s'erano sbiadite in giallo-nero, incidentalmente i colori degli Asburgo nemici storici della Casa regnante: fu scelto quindi il colore della Brigata Savoia, che esattamente duecento anni prima, dopo la vittoriosa liberazione di Torino dall'assedio francese, aveva adottato un fazzoletto color del sangue in onore del messaggero caduto per portare la notizia della vittoria.
Tuttavia non è da ritenersi del tutto infondata la leggenda che collega la particolare tonalità di rosso delle magliette quale risultato dei ripetuti lavaggi delle tenute di gioco rosse con i calzettoni e i calzoncini neri. In seguito, essendo ritenuta di buon auspicio questa tonalità di rosso, sarebbe stata adottata quale tenuta ufficiale.
Il primo incontro ufficiale viene giocato già il 16 dicembre 1906, a Vercelli contro la Pro, terminato 3-1 per i granata, di nome ma non di fatto, poiché non disponendo ancora delle nuove casacche vestivano quelle giallonere ereditate dal FC Torinese. La foto storica di quel primo incontro ritrae un ragazzino destinato a rivestire un ruolo importantissimo nella storia del calcio italiano: Vittorio Pozzo.
Il primo derby viene invece con l'anno nuovo, è datato 13 gennaio 1907, e per Dick sono subito soddisfazioni: nel velodromo Umberto I il "Toro" vince di misura per 2-1, successo poi replicato con un più largo 4-1 un mese più tardi, conquistandosi il diritto di accesso al Girone Finale: dignitoso il piazzamento al secondo posto, dietro al Milan. Campo di gioco sarà, fino al 1910, il già citato Velodromo Umberto I.
Il Campionato 1908 non vede la partecipazione del Torino in quanto una nuova norma approvata quell'anno richiedeva di limitare il ricorso ai giocatori di nazionalità straniera, e tra i suoi tesserati gli stranieri sono troppi: il Toro ripiega così su due Tornei "minori", ma all'epoca molto seguiti: innanzitutto strappa alla Pro Vercelli l'ambita "Palla Dapples" (un trofeo d'argento dalla forma e dimensioni di un pallone regolamentare), e partecipa ad un trofeo internazionale, organizzato da La Stampa e disputatosi a Torino quell'anno, venendo piegato in finale dagli svizzeri del Servette.
Nel 1912 entra a far parte dello staff tecnico Vittorio Pozzo: con lui nel 1914, in piena epoca di calcio eroico, partecipa addirittura ad una tournée transoceanica, in Sud America, conclusasi con sei vittorie in altrettante partite, contro squadre del calibro della Nazionale Argentina e dei brasiliani del Corinthians.
Con l'inizio della Grande Guerra viene sospeso anche il campionato di calcio, e questa decisione causerà la prima di una lunga serie di beffe del destino: il campionato 1914/15 viene infatti sospeso ad una giornata dal termine, e il Genoa, che era in testa, dichiarato campione. Nulla da eccepire, viste le cause di forza maggiore: un peccato solo per i granata che, secondi a due lunghezze dalla capolista, nell'ultima partita avrebbero avuto l'occasione di incontrare proprio i genovesi, battuti nella gara d'andata per 6-1.
In quel periodo, seppur in anni diversi, vestirono la maglia del Torino ben quattro fratelli, i Mosso: quella che oggi può apparire come una curiosità era invece, all'epoca, un costume abbastanza diffuso.
La partita più lunga
Nella stagione 1920/21 non esisteva ancora il Girone Unico. Lo scudetto veniva assegnato con una formula che oggi potrebbe ricordare quella della Champions League: nell'alta Italia le vincenti di gironi regionali venivano raggruppate in quattro gironi di semifinale; le prime classificate davano quindi vita a scontri diretti per determinare la finalista che avrebbe affrontato la vincente degli analoghi confronti del gruppo centro-sud. Il Torino aveva terminato il suo girone di semifinale a pari merito con il Legnano, e fu necessaria una gara di spareggio.
Benché manchino statistiche ufficiali certe, tale partita passerà alla storia per essere stata il più lungo incontro ufficiale disputato in Italia: terminata 1-1 nei tempi regolamentari, il regolamento dell'epoca prevedeva tempi supplementari "ad oltranza".
Per sciogliere l'equilibrio si diede seguito a due tempi supplementari, da 30 minuti ciascuno, al termine dei quali il risultato era ancora in parità. L'arbitro fece iniziare un terzo tempo supplementare, ma dopo ulteriori 8 minuti di gioco le squadre, di comune accordo, si arresero, si strinsero cavallerescamente la mano e rinunciarono a proseguire, rinunciando anche a disputare la ripetizione. Lo scudetto quell'anno fu appannaggio della Pro Vercelli, che batté poi il Bologna nella finalissima.
Gli anni Venti videro iniziare, dopo la "serie dei Mosso", quella dei fratelli Martin, anche loro quattro. Il più forte sarà Martin II, che con il Torino disputerà 355 gare di campionato.
La costruzione dello Stadio Filadelfia e lo scudetto revocato
La squadra conosce il primo periodo felice della sua storia sotto la presidenza del conte Enrico Marone Cinzano, che fa anche costruire attorno al "Campo Torino" le prime tribune di quello che poi diventerà lo Stadio Filadelfia il 17 ottobre 1926, e che ospiterà tutti gli incontri interni dei granata fino al 1958; acquista giocatori di prim'ordine per fare subito una squadra molto competitiva, che in attacco poté vantare su un trio dalla potenza micidiale, ai tempi noto come il "trio delle meraviglie": Julio Libonatti, Adolfo Baloncieri e Gino Rossetti.
Sotto la sua guida i granata vinceranno il Campionato del 1928, ripetendo il successo dell'anno prima, revocato per la corruzione da parte di un dirigente del foot-ball club Torino del terzino della Foot-Ball Club Juventus Allemandi: in base a quanto accertato dall'inchiesta il giocatore venne avvicinato al suo domicilio in una pensione torinese da un dirigente granata, il dottor Nani, che corruppe il giocatore anticipandogli metà della somma pattuita (50 mila lire), affinché questi "addomesticasse" la partita nello scontro diretto. In quella stessa pensione vi era anche il giornalista del "Tifone" Renato Farminelli, corrispondente da Torino della testata.
Il derby si chiuse con la vittoria per 2 a 1 del Torino, ma Allemandi secondo l'opinione del corruttore, il dottor Nani, contrariamente ai patti si segnalò tra i migliori in campo. Per questo, Nani si rifiutò di pagare le restanti 25 mila lire al calciatore: la discussione che si accese tra i due avviene nella pensione di via Lagrange alla presenza di un testimone, Gaudioso, venne udita dal giornalista Farminelli che origliava da un'altra camera.
Da questo episodio, a fine campionato, ne ricaverà un pepato articolo dal titolo: "C'è del marcio in Danimarca", riferendo di una lettera scritta dal difensore bianconero a reclamare il saldo del pattuito. Questo reportage provocherà le indagini della Federcalcio, il cui presidente era allora Leandro Arpinati, gerarca fascista, nonché podestà della città di Bologna. Poiché fu proprio la squadra del Bologna che arrivò seconda dietro i granata, vi furono e vi sono tuttora sospetti sull'imparzialità con cui vennero condotte le indagini. Anche se, ad onore del vero, va ricordato che lo scudetto restò "non assegnato", e non quindi dato al Bologna come i dirigenti della società felsinea reclamavano.
Effettivamente quella che venne considerata la "prova schiacciante" era così fragile da suscitare il dubbio che fosse stata creata ad arte: durante un sopralluogo nella famosa pensione il vice di Arpinati, Giuseppe Zanetti, rinvenne in un cestino dei rifiuti alcuni pezzi di carta, che uniti risultarono essere una lettera nella quale Allemandi reclamava il pagamento a saldo delle 25 mila lire. Il direttorio Federale, riunito nella Casa del Fascio, revocò lo scudetto al Torino e squalificò a vita Allemandi (che nell'estate era passato dalla Juventus all'Ambrosiana). In seguito alla vittoria della Nazionale Italiana della medaglia di bronzo alle Olimpiadi del 1928 il giocatore godrà poi di un'amnistia, mentre dello scudetto revocato non se ne fece più nulla, neanche quando - durante i funerali del Grande Torino - ne venne promessa la riassegnazione.
La prima Coppa Italia
Complice l'abbandono del conte Cinzano prima, e l'emergere della Juventus dei cinque scudetti consecutivi, per il Torino inizia un lento declino che nei primi anni Trenta lo portò ad accontentarsi di piazzamenti a centro classifica.
Tuttavia, a partire dalla stagione 1935-36 iniziò una rinascita, che getterà le basi per il periodo d'oro che sarebbe stato poi rappresentato dal "Grande Torino": quell'anno il Torino conclude al terzo posto, dietro al Bologna (all'epoca una delle migliori formazioni d'Europa) e della Roma, ma soprattutto proprio nell'anno di esordio della manifestazione arriva la prima Coppa Italia. Il successo finale arriva contro i grigi dell'Alessandria, battuti a Genova per 5-1. Nella stagione 1936/37, cambiato il nome in "Associazione Calcio" per imposizione del regime fascista (che non tollerava la presenza di parole straniere), il Torino termina il campionato al terzo posto, nel 1938/39 al secondo.
Il Grande Torino
Per approfondire, vedi la voce Grande Torino.
Il Grande Torino vincitore di 5 titoli consecutivi
Il momento più fulgido è però quello rappresentato dal Grande Torino, una squadra imbattibile, capace di vincere 5 titoli consecutivi (non considerando l'interruzione della serie nel Campionato Alta Italia del 1943-44, a cui la FIGC nel2002 ha riconosciuto soltanto valore onorifico e non ufficiale, vinto dai VV.F. Spezia) tra il 1942 e il 1949, e una Coppa Italia nel 1943 (e, grazie a questo successo, il Torino fu la prima squadra a centrare l'ambitissima accoppiata Scudetto-Coppa Italia nella stessa stagione). Asse portante della Nazionale di quegli anni, il Grande Torino riuscì a portare anche 10 giocatori contemporaneamente in campo in azzurro.
Capitano e leader indiscusso di quella formazione era Valentino Mazzola, padre di Ferruccio e Sandro che poi percorreranno le orme paterne diventando anch'essi calciatori. La formazione tipo, che tutti gli sportivi italiani conoscevano a memoria, era: Bacigalupo; Ballarin, Maroso; Grezar, Rigamonti, Castigliano; Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola.
Il ciclo di vittorie viene bruscamente interrotto il 4 maggio del 1949, quando l'aereo che trasportava l'intera squadra, di ritorno da una amichevole giocata a Lisbona, a causa di una fitta nebbia e di un guasto all'altimetro, andò ad infrangersi contro il muraglione posteriore della Basilica di Superga. In quel terribile incidente aereo, rimasto nel cuore dei torinesi come la Tragedia di Superga, oltre all'intera squadra, titolari e riserve, perirono due dirigenti (Agnisetta e Civalleri), i tecnici Egri Erbstein e Leslie Lievesley, il massaggiatore Cortina e tre giornalisti al seguito, Luigi Cavallero, Renato Tosatti e Renato Casalbore.
Gli anni settanta
A questa grave tragedia seguiranno anni difficili per il sodalizio torinese. Il lento declino porterà nel 1959 alla prima retrocessione in Serie B, avvenuta con la denominazione Talmone Torino. La permanenza nella serie cadetta durerà una sola stagione: già nel campionato 1960/61 il Torino rientra nella massima serie nazionale. Nel 1963 assume la presidenza Pianelli.
Per ritrovare la squadra protagonista occorrerà aspettare l'avvento di uno dei giocatori che diverranno icona per i tifosi del Toro: Gigi Meroni, soprannominato "la farfalla granata". Già nel campionato 1964/65 la squadra, guidata da Nereo Rocco, giungerà al 3° posto.
La parabola del Torino di Meroni si conclude tragicamente il 15 ottobre del 1967. Il giocatore granata, al termine del match di campionato giocato contro la Sampdoria, mentre attraversava la strada in Corso Re Umberto I verrà travolto ed ucciso da una autovettura. Il Torino, questa volta, rimane tra le protagoniste della Serie A concludendo quel campionato al 7° posto.
Quella stessa stagione giungerà anche il trionfo nella Coppa Italia. La ricostruzione di un squadra vincente, avviata dalla presidenza Pianelli, prosegue e nel 1971 si aggiungerà alla bacheca dei trofei granata una nuova Coppa Italia. Nel campionato 1971/72 il Torino giungerà al 2° posto, distanziato di 1 solo punto dai "cugini" della Juventus. Nelle successive tre stagioni seguiranno piazzamenti tra le prime che saranno il preludio per la conquista di quello che sarà il 7° scudetto della storia.
Lo scudetto viene conquistato nella stagione 1975/76, al termine di una rimonta entusiasmante ai danni della Juventus di "Carletto" Parola, la quale in primavera era giunta ad avere cinque punti di vantaggio sui granata. Ma tre sconfitte consecutive dei bianconeri, la seconda delle quali proprio nel derby di ritorno, consentono al Torino il clamoroso sorpasso.
All'ultima giornata si arriva col Torino in vantaggio di un punto e, fino ad allora, sempre vittorioso in casa. Ospite al Comunale il Cesena di Pippo Marchioro: i granata non vanno oltre il pareggio, ma la Juve cade a Perugia. Il titolo tricolore viene vinto con due punti di vantaggio sui cugini: 27 anni dopo Superga.
La sfida si ripete l'anno seguente in un campionato appassionante e combattuto che vede il Torino terminare secondo a 50 punti contro i 51 della Juventus (record per il campionato a sedici squadre).
Nel 1978 il Torino arriva di nuovo secondo (a pari merito col sorprendente Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi), ancora dietro alla Juventus ma più staccato; negli anni successivi, pur rimanendo tra le prime, la squadra avvia un lento declino e non riuscirà più a ripetere questi risultati, con l'eccezione del secondo posto del campionato 1984-85, dietro al Verona di Bagnoli.
Caduta e rinascita
Al termine del campionato 1988-89 il Torino torna in serie B per la seconda volta nella sua storia. La serie cadetta sembra rigenerare la squadra, che dopo una pronta risalita campionato 1989-90, vive un'entusiasmante stagione al suo ritorno in Serie A
Sotto la guida dell'allenatore Emiliano Mondonico si qualifica per la Coppa UEFA, giungendo proprio davanti ai cugini della Juventus che, a sorpresa, restano fuori dalle Coppe europee per la prima volta dopo ventotto anni (1963-1991). La cavalcata europea della stagione campionato 1991-92 è quasi inarrestabile: i granata arrivano alla finale eliminando, tra le altre, il mitico Real Madrid.
La finale con l'Ajax, un altro mito del calcio mondiale, appare quasi stregato: dopo il 2-2 nella gara di andata a Torino, ad Amsterdam finisce 0-0, con tre legni colpiti dal Torino e un presunto rigore reclamato dai granata che farà infuriare l'allenatore Mondonico che si sfoga alzando la sedia al cielo d'Olanda, immagine che rimarrà impressa nella storia del Torino.
Questa splendida stagione, forse la migliore dopo quella dell'ultimo scudetto, si concluderà con un prestigioso 3° posto in campionato.
L'appuntamento con la vittoria è solo differito di un anno. La quinta coppa Italia si aggiungerà al palmarès nella stagione campionato 1992-93 ai danni della Roma. Sarà anche questa un'altra finale incandescente, dopo il 3-0 in casa granata che sembrava chiudere la contesa, nel ritorno in casa giallorossa si assisterà ad una palpitante partita che vedrà prevalere 5-2 la Roma, grazie anche a ben 3 calci di rigore (due dei quali peraltro molto discutibili) concessi dall'arbitro. In virtù della regola che vuole che, in caso di parità, le reti in trasferta valgano "doppio", il Torino vincerà il trofeo, beffando i capitolini nello stesso modo in cui l'Ajax li beffò l'anno precedente.
La crisi
Ma la conquista della coppa Italia aveva basi fragili: vengono a galla numerosi falsi in bilancio commessi dalla società (tra cui la parziale vendita "in nero" del giocatore Lentini al Milan) che portano il Torino ad un passo dalla bancarotta. Negli anni si succedono impianti societari disastrosi che, in poco tempo, riescono a disfare il da sempre prolifico settore giovanile, ed a chiudere e poi demolire lo storico Stadio Filadelfia, vero e proprio tempio granata, di cui oggi si conservano solo resti e ambiziosi progetti di ricostruzione.
La società, evitato per un soffio il fallimento, cambia presidente e allenatore ma i risultati continuano a peggiorare: nel 1995 un derby perso 5-0 costa il posto all'allenatore Sonetti e al termine della stagione la squadra retrocede in serie B per la terza volta. Il ritorno in serie A dopo uno spareggio perso ai rigori contro il Perugia nel 1997/98 (3-5 dcr a Reggio Emilia, con gli umbri promossi in serie A) avviene nel 1998/99, a seguito di una esaltante stagione (per la terza volta nella storia 1° posto finale nella serie cadetta), suggellata dalla vittoria dell'attaccante Marco Ferrante nella speciale classifica dei migliori marcatori.
Anche questa illusione di gloria si rivelerà effimera. Già al termine della stagione 1999/2000 il Torino retrocederà nuovamente nella serie cadetta. Comincerà un periodo di "sali-scendi" tra le due serie che in pochi anni porterà altre due retrocessioni, l'ultima al termine del campionato 2002-2003.
Nei tempi del calcio moderno il Torino perde la sua identità: speculatori e affaristi si danno il cambio ai vertici della società, che non trova più posto né fra le grandi ricche del calcio, né fra le piccole emergenti, eccezion fatta per la stagione 2001-2002 al termine della quale, dopo aver disputato un campionato più che discreto , il Torino ottiene una tranquilla "salvezza" e ottiene anche qualificazione in Coppa Intertoto, torneo di qualificazione internazionale alla più prestigiosa Coppa UEFA, dalla quale uscirà però al terzo turno.
In questo periodo buio, l'identità del Torino Calcio viene mantenuta in vita dai suoi tifosi: unica nella storia del tifo è la marcia popolare (50.000 persone secondo gli organizzatori) che il 4 maggio del 2003, all'indomani di un'ennesima retrocessione in serie B, affollerà le strade del capoluogo subalpino, partendo dai resti dello stadio Filadelfia, passano davanti alla lapide commemorativa di Gigi Meroni, piazza San Carlo, giungendo finalmente alla lapide dei grandi di Superga. Questo sarà il segno tangibile di un'incredibile e ostinata passione, anni prima definita "tremendismo" dal noto scrittore e poeta Giovanni Arpino.
L'ultima soddisfazione in serie A, per i tifosi del Torino, risale a un incredibile derby di andata con i cugini bianconeri disputato nella stagione campionato 2001-2002, quando il Torino, sotto di tre gol alla fine del primo tempo, riuscirà incredibilmente a pareggiare il match.
Il 26 giugno 2005 in uno stadio stracolmo il Torino festeggia il ritorno in Serie A, in una sorta di nemesi dello spareggio del 1998, contro il Perugia al termine dei playoff. Ma la gioia dura poco: i pesanti debiti che la società ha accumulato nel corso delle passate gestioni (ultima quella di Cimminelli, juventino) fanno sì che venga negata al Toro l'iscrizione al Campionato di Serie A, costringendo i granata ad attendere gli esiti dei ricorsi presso la giustizia sportiva e amministrativa.
Tali ricorsi risulteranno negativi, dopo ben 5 gradi di giudizio e altrettante bocciature nell'arco di 40 lunghissimi ed estenuanti giorni, a fronte di una mancata presentazione - da parte dell'azionista di maggioranza - della fidejussione necessaria a garantire la copertura delle precedenti ed accumulate insolvenze per debiti pendenti con l'erario, il 9 agosto 2005 il Torino Calcio viene dichiarato in via definitiva non idoneo all'iscrizione del Campionato suddetto, cosicché dopo ben 99 anni di storia memorabile viene sancito l'inevitabile fallimento della società granata, con la susseguente cancellazione dal panorama calcistico.
Dal Torino Calcio al Torino Football Club
In seguito a questa situazione deficitaria, mai così drasticamente provata in passato dal Torino Calcio, una nuova cordata d'imprenditori facenti capo all'avv. Pierluigi Marengo (tra i più conosciuti Sergio Rodda, Manlio Collino, Marco Cena, Gianni Bellino, Alex Carrera), ma con limitate risorse finanziarie, si fa carico di far rinascere una nuova entità professionistica e, attraverso la creazione della Società Civile Campo Torino (la denominazione è presa dall'antico nome dello Stadio Filadelfia), il19 luglio presenta la domanda per l'ammissione al Lodo Petrucci, che garantisce il trasferimento alla nuova società del titolo e dei meriti sportivi, in modo da evitare di dover ripartire dalla serie C, ed avvia le pratiche per l'iscrizione al Campionato di Serie B.
Una prima proposta economica viene però ritenuta insufficiente dalla FIGC: alla cordata si aggiunge quindi anche la sponsorizzazione della municipalizzata SMAT (società che gestisce l'acquedotto torinese), completando così l'iter burocratico.
Il 16 agosto 2005 finalmente, la FIGC affida ufficialmente alla nuova società il titolo sportivo del Torino Calcio: la nuova dirigenza, ripartendo completamente da zero, acquisisce quindi l'onere e l'onore di rifondare tutto l'organigramma societario, nonché l'organico dei giocatori e dei relativi dipendenti del Club. Il 19 agosto, nel bar Norman (noto un tempo come birreria Voigt, lo stesso luogo delle origini), durante la conferenza stampa che avrebbe dovuto vedere la presentazione del nuovo organigramma societario, viene invece annunciato che la proprietà verrà ceduta all'editore-pubblicitario alessandrino Urbano Cairo, che il giorno prima aveva lanciato una proposta di acquisto.
Quando tutto sembra concluso per il passaggio ad un imprenditore facoltoso, il 22 agosto, Luca Giovannone, un imprenditore laziale di Ceccano (FR) che con 180.000 Euro aveva contribuito a finanziare il Lodo, facendosi forte di una scrittura privata (avuta dal presidente dei cosiddetti Lodisti) che gli garantiva il 51% delle azioni del nuovo Torino, si rifiuta di vendere. In un continuo tira-molla interviene anche il sindaco Sergio Chiamparino: il 24 agosto Giovannone si dichiara disposto a passare la mano, poi cambia di nuovo idea (facendo infuriare i tifosi, che già avevano acclamato Urbano Cairo nuovo presidente), fugge dalla città e diviene irreperibile.
Rintracciato in un albergo a Moncalieri, poi assediato dai tifosi, rifiuta il tentativo di mediazione offerto dal Sindaco e dal Prefetto e, scortato dalla polizia, lascia la città. Il 26 agosto l'assemblea dei soci della SCC Torino delibera l'aumento di capitale a 10 milioni di Euro, e crea ufficialmente il Torino Football Club Srl con capitale da versare interamente entro il 31 agosto, giorno in cui, quasi alla mezzanotte, e dopo una lunga e estenuante trattativa, Giovannone cede: il 2 settembre viene così firmato l'atto notarile e Cairo diventa il secondo presidente della storia del nuovo Torino (dopo l'avvocato Marengo).
Cairo chiama subito alla guida della squadra il tecnico Gianni De Biasi e forma un primo embrione di società: direttore sportivo è Fabrizio Salvatori (ex Perugia), segretario generale Massimo Ienca (ex Genoa), responsabile comunicazione il giovane Alberto Barile. Il luogo identificato per la sede è in via dell'Arcivescovado 1, nel cuore di Torino. Cairo trasforma anche la società da Srl a Spa, versando 10 milioni di euro per il capitale sociale.
La riunificazione della storia granata sarà poi completata il 12 luglio 2006 quando Urbano Cairo acquista all'asta fallimentare per 1 milione e 411 mila euro il marchio del "vecchio" Torino, con le coppe e i cimeli del Grande Torino, accogliendo così le richieste che tifosi, intellettuali ed esponenti della società civile cittadina avevano lanciato, consentendo così di programmare pienamente i festeggiamenti per il Centenario, non solo nella continuità sportiva, ma anche in quella societaria.
Qui finisce la Storia e inizia l’attualità….
Colori sociali
Maglia granata, calzoncini bianchi (talvolta granata), calzettoni neri con risvolto granata; in trasferta maglia bianca con bordi granata, calzoncini granata, calzettoni bianchi.
Trofei ufficiali
- Campionato italiano: 7+1 Revocato
- (1926/27), 1927/28, 1942/43, 1945/46, 1946/47, 1947/48, 1948/49, 1975/76
-
( ) Scudetto revocato
- Coppa Italia: 5
- 1935/36, 1942/43, 1967/68, 1970/71, 1992/93
-
- Coppa Mitropa: 1
- 1991
-
Altri piazzamenti
Il Torino ha partecipato a 9 campionati di Serie B, nel corso dei quali ha ottenuto 5 promozioni:
- 1 Coppa UEFA 1992
- 8 Coppe Italia 1938,1963,1964,1970,1980,1981,1982,1988
- 1 Supercoppa Italiana 1993
- 3 per vittoria del campionato (1959-60, 1989-90, 2000-01)
- 1 per piazzamento utile (1998-99)
- 1 per vittoria dei play-off (2005-06)
I Granata avevano vinto i play-off anche nel 2005, ma la promozione fu loro negata per il sopravvenuto fallimento societario per dissesto finanziario.
Speriamo di rivedere al più presto un derby in serie A tra Juventus e Torino.
Mirò
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