Piccola Storia del Piemonte, Capitolo 11, Spiritualità e cultura in Piemonte - La Novalesa
La data di fondazione della abbazia della Novalesa si colloca al 30 gennaio 726. Si può azzardare che in quel periodo già esistano esperienze monastiche in Valle Susa, e che anzi, stiano già sperimentando qualche forma di decadenza a ragione di un affievolirsi della spiritualità, soffocata da troppe preoccupazioni terrene.
Si potrebbe pensare quindi che l'abbazia sia sorta con l'intenzione di rinnovare il monachesimo in valle. Un documento che costituisce una sorgente di informazioni circa i primi secoli dell'abbazia è il "Chronicon Novalicense", scritto da un monaco dopo l'anno 1000. Il documento non è sempre storicamente attendibile, con "sviste" cronologiche più o meno volute allo scopo di esaltare l'importanza e l'opera dell'abbazia, ma fornisce comunque informazioni molto utili. Nel corso dell'ultimo restauro (che inizia nel 1973) sono emersi importanti reperti per inquadrare nella storia almeno parte di ciò che si è tramandato dell'abbazia.
L'abbazia è fondata da Abbone, patrizio di origine gallo-romana (provenzale?) ma molto legato ai Franchi, governatore di Susa e di Moriana (Maurienne), in particolare amico di Carlo Martello, fin dai tempi della dinastia merovingia. Costui vuole fare il monastero in luogo appartato, lontano dai centri di potere e di corruzione. Essendo rimasto senza eredi maschi per la prematura scomparsa del figlio, cede in eredità all'abbazia gran parte dei suoi enormi possedimenti e delle ricchezze, al di qua ed al di là delle Alpi, onde i monaci non abbiano altra cura che il servizio di Dio.
L'abbazia viene costituita autonoma, e deve rispondere solo alla Chiesa di Roma per la dottrina, ed al vescovo Walcuno, di Maurienne, ma solo per le ordinazioni sacerdotali e le consacrazioni, senza altro tipo di controllo. Un patto di reciproca assistenza, a fini disciplinari, viene posto in atto con il convento di Santa Maria, nei pressi di Grenoble.
Protetta dalle dinastie dei Franchi, merovingi prima e carolingi poi (un figlio di Carlo Magno è monaco in Novalesa), l'abbazia aumenta le terre su cui ha giurisdizione, ed i privilegi di cui gode, e diventa presto un formidabile centro non solo di spiritualità, ma anche di cultura, conosciuto ed apprezzato in tutta Europa. In questo è anche molto favorita dalla sua posizione sulla via Franchigena, sotto il passo del Moncenisio, in una propaggine del regno franco verso i Longobardi. È senz'altro dotata di una grande biblioteca, e vanta tra i suoi monaci, studiosi di grande spessore.
Uno dei suoi abati è Sant'Eldrado, la cui venerazione è ancora molto diffusa in Valle Susa, con molte chiese e cappelle a lui dedicate. Questo è il secolo IX.
All'inizio del secolo X questa fioritura si interrompe bruscamente. Infatti, a causa delle minacce che vengono dalle scorrerie saracene che arrivano dalla Provenza, i monaci abbandonano l'abbazia ( 906 ? ) e si rifugiano a Torino. Il convento di Novalesa viene distrutto dai saraceni, ma successivamente ( 920 ? ). Tra fuga e distruzione una gran parte del patrimonio culturale (in particolare la biblioteca) va perduto.
I monaci rifondano l'abbazia a Breme nel 929, mentre la sede di Novalesa rimane abbandonata ed in rovina fin verso il finire del secolo X, quando viene deciso di ricostruirla. L'opera di rifacimento va a rilento, ed il monastero rimane una dipendenza della casamadre di Breme (Priorato), retto non più dunque da un abate, ma da un "Priore" che risponde a Breme della conduzione del monastero.
Anche i rapporti con i poteri civili sono cambiati. La marca di Torino, che ha riportato ordine e sicurezza in Valle Susa, sta rafforzandovi il suo controllo. Questo contrasta con le rivendicazioni del monastero sul territorio, rifacendosi agli antichi privilegi. In quel periodo, inoltre, vengono fondate l'abbazia di San Michele della Chiusa (Sacra di San Michele, anni 990 - 1000 di cui diremo qualcosa dopo), l'abbazia di San Giusto a Susa (1029) e la prevostura di Oulx, che in qualche modo sono "in concorrenza" con il monastero di Novalesa.
Comunque, nel periodo della ricostruzione, intercorrono buoni rapporti di Novalesa con i poteri civili ed ecclesiastici della Maurienne e della Savoia e quindi il monastero può rafforzare la sua influenza oltre le Alpi. Con il matrimonio di Adelaide, della casata dei marchesi di Torino, con Oddone, della casata di Maurienne - Savoia, i rapporti con i poteri civili mutano ancora, e di nuovo il monastero conosce un periodo di rafforzamento, con la crescita di una indipendenza di fatto, anche se non ufficiale, dalla sede di Breme.
Anche quando la marca di Torino si sfalda, la Valle di Susa rimane ai Conti di Savoia (Umberto II). Successivamente il Conte Amedeo (1129) conferma tutti i diritti al monastero di Novalesa, al quale viene affidata anche l'assistenza sul colle del Moncenisio, con la gestione di quello ed altri ospizi sulla via Franchigena. (L'ospizio del Moncenisio era stato voluto da Ludivico il Pio negli anni tra l' 810 e l'820, ed era inizialmente non dipendente dall'abbazia di Novalesa). Dunque, sotto la protezione dei Savoia, il monastero, seppure formalmente non più abbazia, si rende di fatto indipendente da Breme.
Ma il mutamento delle condizioni sociali e politiche stanno producendo una crisi generalizzata delle istituzioni monastiche, ed i monasteri si trovano col tempo senza risorse proprie per sopravvivere. Novalesa si trova non più governata da un priore, ma da amministratori nominati dai Savoia e approvati dal Pontefice. I monaci si riducono a poche unità. Non sempre vi è accordo tra chi si occupa dell'amministrazione del convento ed i monaci.
A partire da questi tempi, con alterne vicende, ma ormai senza più avere alcuna particolare importanza, il monastero sopravvive fino alla soppressione decretata dai francesi che, dopo la rivoluzione, nel 1798 occupano il Piemonte. Ai frati rimane solo la gestione dell'ospizio del Moncenisio, considerato di pubblica utilità.
Finita l'avventura rivoluzionaria, alla restaurazione il monastero viene riaperto, per poi essere ancora soppresso dai Savoia, quindi riaperto, poi destinato ad altro uso, ed infine abbandonato, fino al 1973. In questo anno la struttura viene acquistata dalla Provincia di Torino che la restaura, ed ora è nuovamente un convento, retto dai benedettini sublacensi.
Mirò
I link a tutti i Capitoli sono nel post di introduzione alla Piccola Storia del Piemonte
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