Piccola Storia del Piemonte, Capitolo 8°, il Cristianesimo in Piemonte.
In Piemonte, come in tutto l'impero romano, vari culti si sovrappongono ai tradizionali culti romani ed ai culti locali, sempre accettati di buon grado dai Romani. Il Cristianesimo, per la sua carica di novità radicale ed i princìpi che afferma viene invece subito considerato pericoloso e sovversivo dalle autorità romane e quindi violentemente ostacolato.
Come in molte parti dell'Europa meridionale, anche in Piemonte vi sono tradizioni che tendono ad attribuire a varie comunità cristiane un inizio antichissimo, magari pochi decenni dopo la predicazione del Cristo, e magari fondate direttamente da qualche apostolo.
Naturalmente risulta di solito impossibile trovare riscontri storici, e spesso i reperti a disposizione mettono in evidenza più o meno vistosi spostamenti temporali. Una di queste narra di come una nipote di Nerone, segretamente cristiana, per sfuggire alle persecuzioni dell'imperatore si fosse rifugiata in Piemonte, vicino a Susa, con al seguito numerosi fedeli e due "uomini apostolici", e come da questo gruppo, visitato dallo stesso San Pietro, fosse partito il Cristianesimo da Novalesa per diffondersi nell'area, tanto al di qua come al di là delle Alpi. Chiaramente questa è leggenda.
In alcune aree del Piemonte inizia ad entrare il Cristianesimo, portato spesso da mercanti ed altri viaggiatori, oppure dagli stessi soldati romani, a volte da ministri della Chiesa. Nel III secolo si ha la predicazione di San Dalmazzo nel cuneese, martirizzato secondo la tradizione nell'anno 254. Le notizie su questo santo non sempre sono concordi. Dovrebbe essere l'evangelizzatore di Pedona (che diventa in suo onore Borgo San Dalmazzo), mentre altre notizie lo danno come Vescovo di Pavia, ove c'é una chiesa a lui dedicata.
Durante le varie persecuzioni, anche il Piemonte ha i suoi martiri. Di essi Avventore, Solutore, Ottavio, soldati della Legione Tebea, sempre secondo una tradizione, sono considerati i primi martiri "torinesi", in quanto martirizzati a Torino (Valdocco) nell'anno 286. I corpi di questi martiri, secondo questa tradizione, sono raccolti dalla matrona cristiana Giuliana e seppelliti nel luogo ove sorge prima una cappellina e poi il convento di San Solutore. Il convento viene distrutto dai Francesi nel 1536, e le reliquie dei martiri vengono trasferite prima alla Consolata e poi nella Chiesa dei Santi Martiri (1575) a loro dedicata (via Garibaldi angolo dia Botero) ove sono ancora oggi.
Altro santo la cui venerazione è diffusa in Piemonte è San Secondo. Pare che vi siano in Piemonte tre differenti santi di nome Secondo, di cui uno è venerato a Torino ove ha dedicata la chiesa in Via San Secondo, vicino a Porta Nuova, ed un altro dà il nome a San Secondo di Pinerolo. Entrambi questi santi sono ritenuti martiri della legione tebea (come Solutore, Avventore ed Ottavio). Il terzo San Secondo piemontese à quello di Asti, patrizio che diventa cristiano e subisce il martirio già nel 119, e dunque uno dei primissimi martiri piemontesi.
Dopo l'editto di Milano (anno 311) di Costantino, il Cristianesimo non solo ottiene libertà di espressione, ma diventa religione ufficiale dello stato.
La prima epigrafe cristiana in Piemonte risale al 341 (Revello), ma altri autori collocano al 401 la prima lapide cristiana in Piemonte (Acqui). I documenti della Chiesa fanno invece risalire il Cristianesimo in Piemonte ad anni precedenti, in quanto già verso il 345 viene mandato in Piemonte il primo Vescovo ad organizzare i gruppi di fedeli già numerosi nella regione. Si tratta di Eusebio, che si stabilisce a Vercelli. Nel periodo è diffusa l'eresia ariana, che nega o sminuisce la divinità di Gesù Cristo, e contemporaneamente la nuova fede spesso si mescola a culti precedenti, e questo in particolare nelle campagne, ove resistono ancora a lungo antichi culti e superstizioni.
L'opera di grandi vescovi quali Gaudenzio a Novara, Eusebio a Vercelli, Massimo a Torino riporta nell'ortodossia la nuova religione, non sempre senza difficoltà. L'opera di San Massimo in particolare, a Torino, si svolge dopo l'anno 380, ma le notizie sono frammentarie, e tracce di un vescovo di nome Massimo, di Torino, si trovano fino al 460 circa, facendo supporre o errori di datazione o la presenza di due vescovi di nome Massimo. Nel 451 si sa, dagli atti di un sinodo, che esistono anche un Vescovo di Ivrea ed un Vescovo di Asti.
Le diocesi ed i loro Vescovi, dopo l'editto di Milano, assumono lentamente un prestigio sempre più grande, e si porranno più tardi come punti di riferimento di cultura e di civiltà nel buio periodo che sta per iniziare. I notabili delle città tendono a trasferirsi in campagna e lasciano vuoti organizzativi che vengono occupati dai Vescovi, i quali riceveranno vere e proprie deleghe da parte delle autorità dello stato.
Ancora successivamente saranno coadiuvate in questo dalle fondazioni monastiche (il monachesimo inizia a diffondersi nel IV secolo). Fra queste vedremo in seguito, con la consueta rapidità, due delle più celebri abbazie del Piemonte: La Novalesa e la Sacra di San Michele. In effetti, come vedremo, i barbari non sapranno esprimere quelle professionalità amministrative, commerciali e tecniche, necessarie alla vita delle città. L'unico riferimento che rimarrà nelle città in rovina sarà il Vescovo, che lentamente assumerà tutti i poteri per necessità, non essendovi un potere laico in concorrenza.
Vedremo poi che la nascita del Piemontese scritto avverrà (per quanto ne sappiamo) per opera di frati e con scopo di catechesi, questo almeno, stando al più antico documento in piemontese che si sia conservato, e di cui diremo. Inizia a costituirsi, attraverso donazioni fatte dai potenti, quel potere civile delle diocesi che sarà molto presente nella storia del Medioevo.
Mirò
I link a tutti i capitoli li trovate nel post introduttivo alla Piccola Storia del Piemonte.
Nessun commento:
Posta un commento