Storia dell’industria in Piemonte, Capitolo 1, prima dell’industrializzazione.
Fiat viene fondata nel 1899, l'Olivetti nel 1908:durante la belle époque l'economia piemontese si trasforma con l'irrompere di un sistema di grandi imprese impegnate in produzioni di nuovo tipo, come la moderna industria meccanica ed elettrica. Anche le industrie di prodotti tradizionali, come le stoffe di cotone e di lana o quelle alimentari, mutano il proprio assetto diventando più grandi e complesse.
Le città, intanto, cambiano volto: fabbriche e uffici, case operaie e tramway; biciclette e illuminazione elettrica.
Questo sviluppo, che nell'arco di pochi anni pone l'economia piemontese alla testa
dell'industrializzazione del paese, è l'esito di due diversi stimoli: da un lato, la nascita delle nuove imprese rappresenta una positiva reazione all'evoluzione economica e sociale in atto, nello stesso periodo, oltre le Alpi; dall'altro, si presenta come il frutto di un lunghissimo, secolare processo di modernizzazione delle strutture produttive regionali.
Questo processo di lungo periodo si articola in due sequenze principali: l'ampia fase, tra il XVI e il XIX secolo, in cui anche il Piemonte sconta il progressivo allontanamento della penisola dalle grandi correnti europee di sviluppo economico e sociale; una seconda fase ottocentesca, quando nel Regno di Sardegna, soprattutto durante il decennio cavouriano, e durante i primi anni dello stato unitario, iniziano a ripercuotersi le dinamiche innescate dalla rivoluzione industriale europea e si pongono le basi per l'industrializzazione dell'economia regionale.
È l'avvio di un percorso accidentato e contraddittorio, che vede tra l'altro Torino perdere definitivamente il ruolo di capitale.
Il progressivo superamento del sistema economico risorgimentale rappresenta per il Piemonte, rimasto ai margini del grande sviluppo manifatturiero avvenuto nel quadrilatero Milano Venezia Firenze Genova, un fenomeno graduale durante il quale non si interrompono i rapporti internazionali a lungo coltivati dall'economia regionale e che anzi vede via via i diversi sistemi locali sviluppare capacità di adattamento nei confronti dello spostamento del centro dell'economia mondiale verso l'Europa nord-occidentale.
Nella regione subalpina l'evoluzione dell'artigianato urbano porta a due fenomeni, che definiscono gli assetti economici complementari delle aree urbane e di quelle rurali.
Nelle città, e in particolare a Torino, i cui abitanti raddoppiano nel Seicento, superando la soglia di 40.000 a fine secolo e aumentano a ritmo ancora maggiore durante il Settecento, crescono di numero le botteghe artigiane e il cui lavoro resta a lungo coordinato dalle potenti corporazioni cittadine: tessiture, sartorie, calzolerie,mulini, macelli, forni, falegnamerie, produttori di carrozze, lavoratori edili creano un tessuto di minuti e operosi opifici che animano l'economia urbana.
In campagna si sviluppano invece le produzioni tessili, la voce più importante della produzione manifatturiera preindustriale: le tele di lino e canapa, gli ancora rari fustagni di cotone, le stoffe di lana sono destinati ai mercati locali e vanno sostituendo almeno in parte i manufatti importati.
É però la produzione del preziosissimo filo di seta a caratterizzare l'espansione manifatturiera nelle campagne della regione fino ad improntarne l'intera economia perché fornisce un contributo assolutamente preponderante alle esportazioni del Regno.
La straordinaria crescita della produzione del filo di seta si integra con il lavoro nei campi: ampie aree agricole, soprattutto nelle colline, trovano, in questa evoluzione, insperate occasioni di reddito aggiuntivo al lavoro agricolo, mentre l'aumento della domanda del semilavorato serico da parte delle tessiture europee (tra le quali emerge il polo lionese, collegato con le grandi corti europee e in particolare con Parigi) accompagna e sostiene la sempre più ampia diffusione dell'allevamento del baco.
Nel corso del Settecento quest'ultimo rappresenta, insieme alla coltivazione della vite, la differenziazione tipica per gli agricoltori piemontesi.
Nelle colline una quota crescente degli abitanti delle campagne, senza abbandonare la comunità contadina di appartenenza, si trova impegnata periodicamente in opifici che, a intermittenza, come la luce delle lucciole, avviano il lavoro per alcuni mesi all'anno.
Altri lavoratori agricoli, pur restando all'interno del proprio domicilio, entrano a far parte di organizzazioni complesse in cui la produzione manifatturiera viene frazionata in numerose lavorazioni specializzate. Le singole fasi sono coordinate da un mercante che si assume il rischio d'impresa e commissiona, dalla città, il lavoro in funzione degli andamenti del mercato.
A partire dagli anni sessanta del Seicento vengono impiantati a Borgo Dora, a Porta Susa e poi a Racconigi e a Chieri, nel resto della provincia di Torino e nel Cuneese numerosi filatoi idraulici, per l'epoca enormi mulini integrati con il lavoro delle filande per la produzione di trame e organzini di seta.
Nel Settecento sono 200.000 le famiglie di contadini che integrano il proprio reddito dedicandosi al faticoso allevamento dei bachi da seta, 60.000 bambine, ragazze e giovani donne lavorano per qualche mese all'anno nelle filande per trarre dai bozzoli il prezioso filo di seta, 25.000 donne e uomini lavorano tutto l'anno presso i filatoi idraulici per la produzione del filato ritorto, mentre 5.000 lavoratori sono impegnati, utilizzando quella piccola parte di filo che non viene esportato, in città: nelle tinture, nelle tessiture, nei laboratori per la produzione di calze e passamanerie.
Nel corso del diciottesimo secolo il commercio di esportazione del filo di seta copre da solo i quattro quinti degli interi traffici in uscita dal Regno ed è controllato da grandi mercanti imprenditori: questi operano nel settore serico in sostanziale libertà dal sistema delle corporazioni.
I mercanti imprenditori coniugano frequentemente il commercio, l'esercizio del credito e l'attività manifatturiera condotta secondo il sistema del putting out (delegando cioè singole fasi della produzione a lavoratori che operano presso il proprio domicilio rurale o riuniti in opifici).
Sotto trovate tutti link agli 8 capitoli della Storia dell’Industria Piemontese
Storia dell’Industria Piemontese 1
Storia dell’Industria Piemontese 2
Storia dell’Industria Piemontese 3
Storia dell’Industria Piemontese 4
Storia dell’Industria Piemontese 5
Storia dell’Industria Piemontese 6
Storia dell’Industria Piemontese 7
Storia dell’Industria Piemontese 8
Mirò
Fonte: Storia e Cultura dell’Industria
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