Piccola Storia del Piemonte, Capitolo 15, Sviluppo portato dai monasteri
Alla cacciata dei Saraceni, dunque, la situazione generale del Piemonte è molto precaria. In particolare la situazione delle campagne è di grande desolazione: l'incolto e la selva hanno conquistato molo terreno, la popolazione rurale si è fortemente ridotta.La vita media dei contadini è molto bassa, altissima la mortalità infantile, il cibo è scarso e di pessimo livello nutrizionale. L'alimento di base è una specie di pane fatto di farina di ghiande, segale oppure orzo. Castagne, poche le verdure, rarissima la carne, sempre di maiale.
Gli attrezzi agricoli sono essenzialmente di legno, perchè il ferro è raro e costoso, l'aratro è ancora quello romano. La concimazione è scarsissima, non si fanno rotazioni di colture, poche o assenti le tecniche di irrigazione. Data anche la difficoltà dei trasporti e l'esiguità degli scambi, in ogni posto si cerca di produrre tutto ciò che serve, a scapito della resa. In questo contesto, intorno all'anno 1000 o subito dopo, favorite o volute dai signori locali, sorgono nelle campagne del Piemonte un buon numero di fondazioni monastiche. Attorno a queste sorgono nuovi borghi o si rinnovano e ripopolano borghi già esistenti.
Il lavoro dei monaci è paziente e sistematico, le terre ricevute in dotazione sono dissodate e messe a coltura, le selve fermate. Si incanala l'acqua per irrigazione, sfruttando anche le tecniche introdotte dai Saraceni, si prosciugano laghi e si bonificano paludi. Il territorio comincia a mutare aspetto. La vita contadina riprende attorno ai monasteri, che assumono presto l'aspetto di vere aziende agricole, che sfruttano anche le nuove colture introdotte dai Saraceni.
Come si è detto, a questo sviluppo concorrono i signori del tempo, con donazioni che spesso sono accompagnate dall'imposizioni di abati appartenenti alla propria casata, in modo da mantenere il controllo del territorio. Tutto questo lavoro è possibile grazie alle ferree regole monastiche che impongono ai monaci di non arrendersi mai di fronte alla fatica.
Accanto allo sviluppo agricolo si assiste all'affermarsi e crescere di uno stuolo di artigiani, costruttori, artisti sconosciuti ed architetti che operano alla costruzione e decorazione dei monasteri, delle chiese e cappelle che sorgono numerose. A volte gli architetti sono i monaci stessi, che danno origine ad un particolare stile architettonico caratteristico del periodo. Di questo periodo è la Sacra di San Michele di cui diremo dopo.
Alcuni monasteri finiscono per svolgere funzioni simili a quelle delle banche attuali, ma ben presto diventa importante l'attività dei vari ordini nel campo dell'assistenza ai poveri ed agli ammalati con la nascita degli ordini ospedalieri.
Nel secolo XII si diffonde in Europa, ma in particolare in Provenza ed in Piemonte, un morbo che irrita e distrugge i tessuti cutanei (sappiamo ora che si trattava di inquinamento dei cibi da segale cornuta). In questa occasione sorge l'ordine degli ospedalieri di Sant'Antonio, con l'abazia e l'ospedale di Ranverso, sotto la protezione del conte di Savoia Umberto III. La malattia viene detta "Fuoco sacro" o "Fuoco di Sant'Antonio" (denominazione che in seguito verrà popolarmente usata ad indicare l'Herpes Zoster - tutt'altra cosa-).
In questo periodo si hanno significative innovazioni nel campo degli attrezzi agricoli. Si introduce la vanga e l'aratro di tipo moderno, con vomere per rivoltare le zolle, la ferratura degli animali da lavoro e la rotazione delle colture per aumentare la resa dei campi.
Mirò
Tutti i link ai capitoli li trovate nel post di introduzione alla piccola Storia del Piemonte
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