lunedì 16 maggio 2011

Storia dell’Industria Piemontese (7/8) - Ristrutturazione del sistema industriale alla ricerca di un nuovo modello

Storia dell’Industria Piemontese, Capitolo 7, La ristrutturazione del sistema industriale alla ricerca di un nuovo modello.

Con la fine del miracolo economico l'economia italiana prosegue, negli ultimi trent'anni del secolo, l'inseguimento nei confronti delle nazioni più avanzate: questo risultato è però conseguito in uno scenario contrastato in cui la capacità di sviluppo si riduce a brevi fasi di crescita alternate con violente crisi. Lotte sindacali di forte intensità, sia per il livello di partecipazione operaia, sia per la nuova articolazione delle istanze avanzate negli scioperi, sono numerose e ripetute durante l'autunno caldo del 1969.

Le rivendicazioni operaie si estendono oltre le questioni salariali fino ai temi delle condizioni ambientali di lavoro e della gestione del potere all'interno degli stabilimenti. L'inflazione raggiunge negli anni Settanta livelli altissimi: nel periodo successivo l'indebitamento statale, la crisi monetaria e il dissesto dei conti pubblici aumentano nel paese le ripercussioni della crescita del costo del petrolio e delle generalizzate difficoltà economiche internazionali.

Bandiere del sindacato Fiom

L'architrave dello sviluppo industriale della prima metà del '900 fondato sull'intervento dello stato e sul ruolo preminente esercitato dalla grande impresa fordista, entra in crisi. L'economia appare particolarmente vulnerabile di fronte alla crisi mentre emergono altri contesti regionali che, soprattutto nel nord-est e nel centro vedono svilupparsi sistemi di piccole imprese capaci di produrre di beni di consumo per esportazione.

Gli anni '70 e '80 segnano un momento di svolta. Parallelamente alla comparsa delle nuove tecnologie legate in primo luogo alla diffusione della digitalizzazione delle informazioni e a quella dei calcolatori elettronici si prefigurano modelli organizzativi dell'impresa alternativi al sistema taylor-fordista.

Nella penisola i primi ad entrare in crisi sono i grandi complessi appartenenti allo stato imprenditore, subito affiancati da quelle imprese private cresciute grazie agli incentivi governativi. Clamoroso è il tonfo dell'intero comparto chimico, straordinarie sono le difficoltà per il settore dell'acciaio. La crisi del capitalismo familiare si associa così a quella del capitalismo politico: interrompendo i flussi di commesse, le grandi imprese in affanno trasmettono la propria crisi ai sistemi locali di piccole e medie imprese cresciuti in connessione con lo sviluppo delle grandi.

Proprio in quegli stessi anni fanno però la loro comparsa nuove aziende di medie e piccole dimensioni, dinamiche nell'accogliere le novità tecnologiche e pronte a investire in attività di marketing specializzandosi in segmenti di mercato caratterizzati da limitate economie di scala.
Anche in Piemonte, di fronte alle difficoltà dei grandi organismi si affacciano soggetti imprenditoriali di tipo nuovo che nel corso dei decenni successivi avranno la capacità di affermarsi definitivamente.

In alcuni contesti medie aziende sorte per la subfornitura alla grande impresa fordista - per esempio l'indotto Fiat  - propongono nuove produzioni. Alcuni esempi di successo riguardano il design, che si avvia a diventare uno dei punti di forza del sistema manifatturiero italiano: la Pininfarina, nata come produttore di carrozzerie di lusso in pochi esemplari, arriva a produrre 45.000 auto nel 1999. Altre migliaia, anche per marche estere, sono prodotte dal Gruppo Bertone, da Garavini e da Ghia. Con queste grandi firme collabora la Italdesign di Carletto Giugiaro.

La torinese Saiag-Società Anonima Industria Articoli di Gomma, fondata a Cuorgné nel 1935 e cresciuta soprattutto con la produzione di componenti in gomma per automobili, agli inizi degli anni '70 diversifica la produzione e avvia l'espansione internazionale controllando un grappolo di imprese incentrate in particolari produzioni nel campo della gomma e delle pellicole per la conservazione degli alimenti. Ad Asti si sviluppa la Wayassauto (oggi parte del gruppo Arvin-Meritor) nata ai primi del Novecento e specializzatasi nella fabbricazione di ammortizzatori e sistemi di sospensione in genere.

La vocazione meccanica dell'industria piemontese è confermata dalle produzioni di cuscinetti a sfere della Riv-Skf e nel campo della produzione aeronautica dalla Alenia sorta nel 1990 quale fusione della Aeritalia, che nel 1969 aveva assorbito le attività della Divisione Aviazione Fiat, e della Selenia. È però naturalmente ancora l'industria automobilistica a dominare il settore, in particolare la Fiat. Nel 1969 Carlo Pesenti che nel 1955 aveva comprato la Lancia, dopo la fallimentare gestione operata dalla discendenza del fondatore, deve arrendersi alla difficoltà cedendo l'impresa alla Fiat.

L'immigrazione porta a Torino  negli anni '60 una massa di operai di prima urbanizzazione privi di un legame con le organizzazioni della tradizione operaia e segnati dalle cattive condizioni di vita. Le organizzazione della sinistra extraparlamentare hanno una base di massa a Mirafiori, la fabbrica simbolo del movimento operaio italiano. Il successo dell'"autunno caldo" è però il frutto della convergenza degli interessi tra i lavoratori recentemente immigrati e le famiglie operaie settentrionali composte dai figli e dai nipoti dei protagonisti delle lotte del "biennio rosso" e di quelle, antifasciste, degli anni 1940.

L'approvazione dello statuto dei lavoratori, 1970 Fonte: socialisti.com

Nel 1970, l'approvazione dello statuto dei lavoratori - nell'ambito di una serie organica di norme rivolte a garantire i diritti fondamentali ai lavoratori - assegna ai sindacati più rappresentativi un ruolo istituzionale che li favorisce nei confronti delle organizzazioni più radicali. Parallelamente anche la Confindustria è indotta a rivedere la propria funzione nel nuovo quadro delle relazioni industriali.

Con una netta sconfitta sindacale, nell'autunno del 1980 è celebrata la fine della lunghissima stagione di lotte aperta con le battaglie dell'autunno caldo nel lontano 1969. Nell'autunno del 1980 il sindacato a Torino è umiliato. Una manifestazione organizzata dai quadri aziendali della Fiat, ma che si guadagna il consenso di quella parte degli ambienti sociali torinesi che non è direttamente coinvolta dalla crisi dell'auto, mostra l'insofferenza per le istanze sostenute dalle organizzazioni sindacali.

Con gli anni Sessanta si era conclusa un'esperienza imprenditoriale tra le più innovative e lungimiranti nell'Italia del dopoguerra, l'Olivetti . Adriano era morto nel novembre del 1960 lasciando sostanzialmente incompleto il proprio progetto di impresa progressiva. La vicenda dell'Olivetti disegna nitidamente i limiti del capitalismo familiare italiano. Dopo la vigorosa crescita negli anni del miracolo economico, questa formula si mostra incapace di affrontare le ristrutturazioni organizzative e produttive imposte dallo sviluppo tecnologico e dalla crescente integrazione internazionale dell'economia italiana.

Parallelamente alla riorganizzazione delle grandi imprese tradizionali e all'affermazione del terziario, anche in Piemonte si sviluppano le specializzazioni produttive caratterizzate da basso tasso di investimenti e alto livello di esportazioni: il made in Italy, vestiti, gioielli, posate e macchine per il caffè, cioccolato, spumante e vermouth.
A partire dagli anni 1970 la crisi del modello fordista propone una maggior complessità nella domanda di beni di consumo, che nelle società occidentali erano richiesti in una gamma sempre più ampia e con caratteristiche personalizzabili per il singolo prodotto.

Nella maggioranza dei casi la ricerca di economie esterne all'azienda porta le piccole e le medie imprese ad agglomerarsi all'interno di aree territoriali omogenee fino a formare distretti industriali al cui interno i piccoli imprenditori trovano la convenienza a produrre grazie alla suddivisione delle varie fasi di lavoro tra unità indipendenti. Nel Biellese vi è il più importante e il più antico distretto industriale piemontese noto a livello mondiale per le produzioni di stoffe di lana e di maglieria. Alla fine degli anni 1990 il distretto comprende 1700 imprese con 28.000 addetti.

Tra le imprese più significative vi sono Zegna , Cerreti, Liabel, ma sono centinaia le aziende, anche piccolissime, che grazie alle nuove tecnologie riescono a differenziare la produzione di stoffe di alta qualità secondo le esigenze dei mercati internazionali.

Al fianco delle produzioni tessili si è sviluppata una significativa produzione meccanotessile. Lungo il versante sud occidentale del lago d'Orta è situato invece il secondo sistema locale italiano specializzato nella rubinetteria la cui maggiore impresa è la Zucchetti. A Valenza Po è invece ospitato l'aggregato di piccole imprese specializzate nella produzione di gioielli rappresentando una delle maggiori realtà a livello mondiali con 170 imprese tra cui la Damiani. A Settimo Torinese si concentrano invece 200 aziende produttrici di penne e pennarelli. Ad Omegna infine attorno alla Bialetti, alla Alessi, alla Lagostina si sviluppa un distretto dedito alla produzione di utensili da cucina.

La Ferrero  si aggiudica agli inizia degli anni '70 la quarantesima posizione tra le principali società italiane. Il Gruppo finanziario tessile, intraprende negli anni '70 la diffusione del pret-a-porter, mentre negli anni '90 affronta una grossa crisi che la porterà alla disgregazione delle attività produttive.

Le più antiche e dimensionalmente rilevanti realtà produttive hanno lasciato il passo all'ascesa degli investimenti nel capitalismo "immateriale" delle telecomunicazioni. Le piccole imprese, riunite nei distretti, alimentano la reinternazionalizzazione dell'economia regionale contribuendo al fenomeno del made in Italy.

I comparti del design e della componentistica legati all'industria automobilistica, e i settori della moda, dei prodotti per la casa e per l'alimentazione, si affermano sui mercati mondiali grazie alla riqualificazione dei comparti produttivi tradizionali garantendo lo sviluppo a un gruppo non esiguo di medie imprese, di antica e di recente formazione, capaci di occupare solide posizioni in definiti segmenti di mercato.

In questo quadro la scomparsa ravvicinata nel 2003 e nel 2004 di Giovanni Agnelli e Umberto Agnelli unitamente agli accordi tra Fiat e General Motors assumono il valore di momento simbolico da un lato della raggiunta maturità di un paradigma di sviluppo, dall'altro dell'apertura di una nuova stagione i cui confini e le cui potenzialità possono già essere delineate nelle più recenti mutazioni del sistema economico regionale.


     Mirò


Tutti i link agli articoli si trovano nel primo post della Storia dell’Industria Piemontese

Fonte: Storia e Cultura dell’Industria

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