mercoledì 3 agosto 2011

Piccola Storia del Piemonte 29/58 - Carlo II d'Angiò - il secolo XIV

Piccola Storia del Piemonte, Capitolo 29, C arlo II d'Angiò - il secolo XIV

Con le lotte interne alla città di Asti tra le famiglie De Castello e Solaro, ed i contemporanei problemi di successione nel Marchesato di  Monferrato(come vedremo) , dove anche il Marchesato di Saluzzo si impegola in una inutile guerra, Carlo II d'Angiò vede l'opportunità di rientrare in Piemonte. Ancora, in Piemonte, vi è una situazione di rivalità interne che lo favorisce.

Nella città di Asti all'inizio del XIV secolo i Solaro, guelfi, hanno la supremazia e stanno cacciando i De Castello dalla città, ma nel 1303 i De Castello chiedono aiuto ai Marchesi di Monferrato  e Saluzzo per riprendere il potere in Asti, e così cacciano i Solaro. Questi si rifugiano ad Alba , dove si impadroniscono della città, si rivolgono e si sottomettono a Carlo II d'Angiò e riprendono il potere ad Asti. Per garantirsi il potere poi cercano l'appoggio di Filippo d'Acaja

In questo clima Carlo II d'Angiò, che ora è Conte di Provenza e Rè di Napoli, nuovamente ottiene facilmente la signoria su parecchie terre, prima delle quali è la città di Alba (1304 come abbiamo visto). La signoria degli Angiò non si basa su una forza militare, che in realtà in Piemonte è molto piccola, ma su un governo generalmente buono, che favorisce gli scambi commerciali di cui le città piemontesi hanno bisogno, come si è detto, ma soprattutto sulla mancanza di veri avversari, capaci di fermarla.

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Ora gli Angioini hanno alleati in Piemonte, ed occupano facilmente vaste zone del cuneese, nonché Cuneo stessa (1305). Carlo II d'Angiò fà qualcosa per migliorare le condizioni della popolazione e tenta persino di provvedere con generi alimentari fatti venire d'oltralpe, alla carestia del 1306, sempre nella politica del reciproco vantaggio.

Successivamente il figlio di Carlo II, Roberto d'Angiò, estende nuovamente la sua influenza su Asti. Filippo d'Acaja ha infatti dovuto lasciare le sue speranze sulla città, in quanto non sostenuto dalla gente. Nel 1310 anche Alessandria entra nell'area angioina grazie ai Guelfi della città che cercano appoggio contro i Ghibellini.
Intanto, nel Marchesato di Monferrato, rimasto senza eredi Aleramici, un parlamento di Nobili e Rappresentanti dei Comuni si riunisce (1305) e decide di offrire il governo dello stato a Teodoro Paleologo, figlio dell'Imperatore di Costantinopoli Andronico Paleologo e di Jolanda, sorella dell'ultimo degli Aleramici.

Nella sempre complicata ed agitata storia del Piemonte, ora gli attori sono i Savoia, che intervengono in più situazioni, gli Acaja, che cercano spazio, gli Angiò, i Marchesi di Monferrato, i Marchesi di Saluzzo, i Visconti di Milano, un certo numero di comuni che a volte sono più o meno indipendenti ed a volte cercano la protezione di qualche signore, nonché una certa quantità di famiglie importanti, feudi di antica provenienza che non devono rispondere a signori locali, e piccoli signori, nessuno in grado di primeggiare, ma tutti con un certo peso.

Ancora vi sono i beni delle diocesi e quelli delle abazie, ai quali spesso è riconosciuta una amministrazione indipendente. Con queste premesse intrighi e guerre sono garantiti per un buon periodo, nonostante l'intervento dell'Imperatore Enrico VII che mira a riportare ordine e pace.
In Piemonte vi sono Signori e Città ghibelline, che si appoggiano all'Imperatore, di cui Amedeo V di Savoia è rappresentante (vicario imperiale), i Signori e le Città guelfe si appoggiano agli Angioini. Il Principe d'Acaja, irrequieto ed irruento, si lancia in varie guerre, prima con Amedeo V occupa Ivrea, poi cerca accordi con i Visconti, cerca di occupare Savigliano, batte gli Angioini, ma si accorge che i Visconti stanno diventando pericolosi, allora cerca di accostarsi agli Angioini, e così via (questa è la politica del tempo), finche Filippo d'Acaja, a forza di cambi di bandiera, si trova isolato.

Filippo d'Acaja interviene in problemi di successione nel marchesato di Saluzzo, e si trova contro Roberto d'Angiò, senza aver potuto approfittare delle discordie dei pretendenti Marchesi di Saluzzo. Continuano guerre tra i soggetti citati prima, ma i principi di Acaja non riescono ad accrescere la loro importanza e presenza nella regione. Filippo d'Acaja riesce a sventare una congiura contro di lui, ordita da famiglie dissidenti torinesi, appoggiate da Monferrato e Saluzzo.

Nell'anno 1343 si verifica una situazione problematica per Savoia ed Acaja. Il marchese di Saluzzo cede il suo marchesato in feudo al Delfino, in cambio di una cospicua cifra in denaro. Poco dopo il Delfino, alla morte prematura del figlio unico erede, cede all'erede al trono di Francia il Delfinato, diventandone feudatario. Il Delfino aveva rafforzato poco prima le sue posizioni nelle alte vallate alpine piemontesi, impossessandosi del territorio dei signori di Bardonecchia. Aimone di Savoia e Giacomo d' Acaja si trovano ora a dover fare i conti direttamente con la potente Francia.

Nello stesso anno muore Roberto d'Angiò e gli succede la figlia Giovanna. Gli Angiò, gli Acaja e varie città, nel 1345 si organizzano contro Tommaso II di Saluzzo, Giovanni II di Monferrato e Luchino Visconti. In ogni città vi sono, ovviamente, delle parti perdenti che parteggiano per l'avversario. Gli Angiò hanno dei primi successi. Ma in questo periodo Savoia ed Acaja si trovano spesso in conflitto fra di loro.

I Savoia ottengono il controllo diretto di alcune terre piemontesi ed impediscono a Giacomo d'Acaja di combattere contro il Monferrato. Già nel 1346 gli Angioini sono sconfitti. Nella lotta permanente i capovolgimenti di fronte ed i cambi di bandiera sono frequenti. Gli Acaja perdono molto della loro importanza, gli Angioini sono nuovamente sopraffatti, i Visconti estendono le loro occupazioni, i Savoia, a partire da Amedeo VI detto il Conte Verde, riacquistano peso, in aperto contrasto ed a spese degli Acaja. In Europa si combatte la guerra dei cent'anni, che sarà seguita dalle guerre tra Francia e Spagna, guerre che coinvolgeranno ancora pesantemente le terre piemontesi.

I conti di Savoia hanno tentato di estendere la loro influenza verso la Francia e la Svizzera, ma hanno visto questa strada preclusa da signori più potenti, dunque riprendono a coltivare le loro mire sul Piemonte, dove gli Acaja sono un loro avamposto. Di fatto Amedeo VI ha spodestato gli Acaja che restano signori solo formalmente.

In Savoia il potere dei Conti è ben radicato, come lo è nella valle di Susa. Non così in valle d'Aosta, dove le autonomie locali sono molto vive. Nelle città vi sono opposizioni, ed alcune famiglie feudali sono antecedenti ai Savoia, e non sono legate a questi da particolari obblighi di vassallaggio. La politica del Conte Verde è un barcamenarsi tra Angiò, Visconti, Monferrato e Saluzzo, che porta ad aumentare la sua importanza. Nel 1382 riesce a riottenere Cuneo.

In questo periodo la città di Asti entra nell'orbita dei Visconti, che sono alleati del Marchese di Monferrato, nei 1377 ma subito dopo, nel 1387, passa sotto la signoria del Duca d'Orleans come dote della moglie Valentina Visconti. La città sarà poi effettivamente occupata da Carlo d'Orlens nel 1447.

I successi militari e politici dei Savoia sono in contrasto con la situazione sociale del Piemonte. A partire dal 1348 diventa ricorrente, in Piemonte, la peste, con quattro epidemie, la prima della quale elimina circa un terzo degli abitanti. Vi sono ricorrenti carestie ed il numero di mendicanti è sempre maggiore. La precedente crescita demografica delle campagne lascia ora molti braccianti senza terra e contadini con fondi troppo piccoli.

La produzione agricola è male organizzata e si sviluppano colture destinate ai benestanti (vite, etc.) mentre sono insufficienti le produzioni di cereali. I borghesi cittadini che si sono arricchiti iniziano ad investire il loro denaro in acquisto di terre, e comincia a formarsi il latrifondo, che pur non giungendo alle dimensioni che questo fenomeno assume fuori del Piemonte, tende a peggiorare il tenore di vita dei contadini.

Tutti i centri urbani sono decisamente piccoli, Torino ha circa 4500 abitanti, Chieri è una delle maggiori città ed ha 6500 abitanti circa. La povertà è molto diffusa, e se la vita delle campagne molto dura, le città non offrono molto alla povera gente. I commerci ristagnano o si riducono. Le vie di comunicazione sono poche ed in cattivo stato. Complessivamente la situazione, vista dalla parte della gente, non è affatto buona.

Amedeo VII detto il Conte Rosso, nel 1388, riesce ad acquisire Nizza ed il suo circondario. Quindi si sottomettono ai Savoia, successivamente, i centri della valle che da Tenda scende a Cuneo. Questo sarà per i Savoia un importante acquisto. Ma nel 1386 nel Canavese scoppia una rivolta, con forti spinte sociali prodotte da miseria, fame, distruzioni provocate da bande di briganti e da guerre. La rivolta é fomentata dal Marchese di Monferrato, ovviamente avverso allo stato sabaudo. Si tratta della così detta rivolta dei Tuchini, che si protrae per anni. Amedeo VII riesce a venirne a capo solo nel 1391. Il Conte rosso governa, per espressa volontà del padre, a fianco della madre Bona. In effetti è uno scapestrato piuttosto irresponsabile, spreca enormi quantità di denaro al gioco d'azzardo. Quando è senza soldi vende gioielli, ricorre agli usurai e vende cariche e compiti.

Il Conte rosso muore nel 1391, probabilmente di tetano, ma a quei tempi la malattia non è descritta come tale, e c'é chi sospetta Bona d'aver fatto avvelenare il figlio. L'erede è minorenne e dunque la situazione promette lotte. La madre è Bona di Borbone e la vedova è Bona di Berry. I duchi di Borbone e di Berry hanno modo così di intervenire pesantemente negli affari dei Savoia, contro cui si trovano ora anche gli Acaja.

Nasce una confusa guerra, non dichiarata, condotta da bande che appaiono come agire di propria iniziativa, ma evidentemente al soldo Dei Visconti, dei Marchesi di Monferrato e di Saluzzo. Le cose cambiano quando Amedeo VIII raggiunge la maggiore età.

In questo secolo la guerra, che pure ha accompagnato il Piemonte per tutto il Medioevo, diventa molto più distruttiva per le popolazioni, molto più "cattiva", e così resterà per lungo tempo. A parte un generale scadere di "regole cavalleresche" più o meno leggendarie, i Signori si servono di mercenari, spesso stranieri, che senza scrupolo alcuno devastano e saccheggiano dove passano, senza curarsi di chi è il proprietario delle terre, se amico o nemico.

Le loro violenze, di ogni genere, sono senza freno, e spesso continuano anche a guerra finita, quando rimangono come gruppi sbandati, anche consistenti, a vagate per il territorio fino ad occupare paesi e castelli. Non esiste infatti una forza superiore che possa imporre un rispetto delle leggi, ed ancora qualora queste leggi ci siano. Mai più appropriata che per questo secolo l'invocazione del popolo nelle sue processioni : " a peste, fame et bello libera nos Domine".


     Mirò


Tutti i link ai capitoli si trovano nel post di introduzione alla Piccola Storia del Piemonte

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