Piccola Storia del Piemonte, Capitolo 35, Il secondo '500, Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele I
Al termine della guerra franco-spagnola (trattato di Cateau-Cambrésis nel 1559) Emanuele Filiberto di Savoia rientra in possesso delle terre sabaude, ma non tutte. Alcune città, fra cui Torino e Pinerolo, restano come piazzeforti Francesi, mentre Asti e Vercelli restano agli Spagnoli, Alessandria rimane sotto Milano.
Per il Duca Emanuele Filiberto tramonta ogni possibilità di espandere lo stato oltralpe, e dunque rimane soltanto la possibilità di rafforzarsi in Italia, ma solo dopo aver riacquistato un po' di peso politico: lo Stato infatti è ora molto vulnerabile, ed il Duca si rende conto che potrebbe essere eliminato nei giro di una giornata. Emanuele Filiberto lavora molto a riorganizzare e modernizzare lo Stato. Dopo anni di guerre e di sbando, è necessario far rinascere un senso morale ed un senso dello stato. A questo Emanuele Filiberto lavora con decisione ed autoritarismo.
Il suo assolutismo accentra molto il potere a scapito dei benefici feudali precedenti, e questo, per la gente comune, finisce per essere un vantaggio. Tratta lo sgombero del Piemonte da parte dei Francesi e riacquista Torino nel 1562. Torino viene scelta come capitale dello stato, in vista di una futura espansione al di quà delle Alpi (e poi perché Chambery è troppo esposta ai Francesi). Prima di tutto Emanuele Filiberto, che verrà detto "Testa di ferro" (testa 'd fer), si occupa della ricostituzione dell'esercito, convinto che lo stato deve poter contare su sue forze significative per sopravvivere e rinforzarsi. Nei piani del Duca l'esercito non deve più essere mercenario, ma una forza nazionale basata su soldati che fanno servizio per la loro terra.
Viene così potenziata e ristrutturata la milizia paesana, di cui sono fatti responsabili i nobili locali. Ai nobili viene fatta l'offerta, in pratica irrinunciabile, di servire come ufficiali, unica strada che permetta successivi miglioramenti di posizione. L'organizzazione prevista dal Duca, infatti, tende a portare i nobili al servizio dello stato. Molto viene investito nella disciplina e nella convinzione dell'esercito, mettendo le basi di quello che diventerà il mito dell'esercito piemontese, sempre piccolo ma estremamente valido e determinato. Lo stile militaresco viene esportato alla vita civile.
La seconda metà del secolo XVI vede Spagnoli, il duca di Mantova e Francesi, occupare larga parte del Piemonte, con scontri armati in Monferrato e nel Marchesato di Saluzzo, ora controllato dalla Francia. Nel Monferrato il Duca di Mantova tenta di eliminare le istituzioni comunali di Casale, il comune reagisce ed il Duca di Mantova passa ad una feroce repressione. Molte terre monferrine sono cedute dal Duca come feudi. Emanuele Filiberto, nel tentativo di ottenere qualche vantaggio, si propone come protettore della città di Casale. Nel Monferrato il Duca di Savoia ottiene appoggio e simpatie. La sua politica è altrettanto assolutistica, ma se non altro non viene considerato straniero come il Duca di Mantova. Inoltre le consuetudini di governo dei Savoia non ammettono certe brutalità messe in atto dal Duca di Mantova.
La città di Casale è costretta a piegarsi al Duca di Mantova, e perde così le sue libertà comunali, siamo nel 1568, senza che i Savoia possano intervenire. Molti Monferrini emigrano nel Ducato di Savoia e nel Marchesato di Saluzzo. Nel saluzzese lotte interne per il controllo del marchesato si intrecciano con lotte di religione. Estinta la casata dei Marchesi di Saluzzo, lo stato è amministrato da ufficiali francesi, fra di loro in lotta. Anche in questo caso Emanuele Filiberto tenta di proporsi come mediatore ed ottenere dei vantaggi.
La situazione però è che i grandi stati non hanno interesse a che il Ducato di Savoia si rafforzi. Nel 1571 la piccola marina piemontese, basata a Nizza, partecipa con onore alla battaglia di Lepanto. Nel 1575 comunque il Duca ottiene la restituzione delle piazzeforti francesi di Pinerolo, Perosa, Savigliano, e poi quelle spagnole di Asti e di Santhià. Muore nel 1580. Non ha ottenuto grandi vantaggi territoriali, ma ha trasformato lo stato dall'interno, lasciandolo ben organizzato e più solido. Verrà ricordato con favore dai Piemontesi, che ora si sentono più "nazione".
Verso la fine del '500, oltre alla Savoia francese, il Ducato comprende il tutto il Piemonte ad eccezione delle zone a est (Novara, Tortona, Alessandria), del marchesato di Monferrato, ancora sotto i Gonzaga, e dell'ex marchesato di Saluzzo, ora territorio francese. Il Delfinato comprende ancora le alte valli di Susa e Chisone. Ancora caratteristiche di questo periodo sono le lotte contro i Valdesi, con esiti alterni, che portano ad un primo "trattato di tolleranza" che, per il momento, dà un certo riconoscimento ai Valdesi, che comunque restano confinati nelle loro valli. Ma anche in questo campo, presto le guerre riprendono, ed episodi di sangue da ambo le parti si verificano sulle montagne della val Chisone e valle Susa, come vedremo.
Ad Emanuele Filiberto succede il figlio Carlo Emanuele I. La politica da lui adottata sarà avventurosa e spregiudicata, che mirerà ad approfittare di ogni circostanza che dia l'opportunità di ottenere vantaggi per il Ducato. Dove non potrà arrivare con la diplomazia (e con l'inganno) proverà con la guerra. Dunque un susseguirsi di scontri ed accordi (non sempre palesi) con Francia e Spagna, cercando appoggi da Inghilterra e Venezia.
Suoi obbiettivi sono i territori di Saluzzo ed il Monferrato, ma anche Genova ed i territori sul lago di Ginevra. È impegnato su ogni fronte militare e diplomatico, in quanto si rende conto che solo così può tenere testa alle grandi potenze e conservare l'indipendenza (o la sopravvivenza stessa) dello stato. Per quanto riguarda l'organizzazione dello stato segue la politica paterna, e con il suo potere assoluto si propone di ridurre privilegi e forza delle classi nobili, inquadrandole nella organizzazione amministrativa e militare dello stato, mentre favorisce la crescita delle classi borghesi e tenta di migliorare il livello delle classi popolari.
Le guerre richiedono soldi, ed in Piemonte spuntano tasse e gabelle, le guerre portano distruzione e morti ed il Piemonte paga anche quì il suo prezzo. Nonostante questo il Duca riesce a completare l'opera del padre nel legare a sè i sudditi che, almeno per il momento, si sentono fieri di essere Piemontesi ed appartenere al Ducato di Savoia, come anche notato da diplomatici forestieri nelle loro relazioni.
Anche Carlo Emanuele I lavora a migliorare le condizioni del Piemonte, pensa alla cultura, scrive lui stesso (anche in piemontese), espande Torino , ma essenzialmente tenta di rafforzare le difese dello stato. Le spese militari si fanno sempre più alte.
Le guerre di religione e le lotte interne al marchesato, danno pretesto al Duca di attaccare ed impadronirsi di Saluzzo nell'anno 1588. Un vero colpo di mano che suscita la riprovazione in tutta Europa e negli altri stati italiani, che non vedono bene un rafforzamento del Piemonte. Inevitabile lo scontro armato con la Francia.
Alterne vicende militari e diplomatiche con Francia e Spagna, portano a concludere il trattato di Lione del 1601, con il quale il marchesato si Saluzzo diventa sabaudo, in cambio di alcune terre d'oltralpe ed una somma di denaro, con un bilancio finale che può dirsi favorevole al Ducato di Savoia.
Lo stato è comunque molto mal ridotto, non solo dalla guerra, ma anche dalla peste che si abbatte sul Piemonte nel 1598 e 1599, seguita da una gravissima carestia nel 1602. I problemi sono tanti, e Carlo Emanuele dà mano ad alcune riforme e provvedimenti in vari campi. Torino ha assunto il suo ruolo di capitale, si abbellisce e vi convergono artisti e letterati.
Mirò
Titti link ai capitoli si trovano nel post di introduzione alla Piccola Storia del Piemonte.
Nessun commento:
Posta un commento