Piccola Storia del Piemonte, Capitolo 39, La situazione sociale del Piemonte nel '600
Con la morte di Carlo Emanuele I si ferma quella rinascita dello stato a tutti i livelli che era partita con Emanuele Filiberto, e si ha una involuzione generale.
Il periodo delle due reggenze vede crescere i privilegi dei nobili, elargiti dalle reggenti in cerca di appoggi. Assieme cresce la litigiosità ed anche la delinquenza fra le classi nobili. Si contano omicidi, violenze e liti tra famiglie e dentro le famiglie dell'aristocrazia piemontese.
Anche il clero non brilla come esempio, e fra la gente la religiosità viene sostituita dalla superstizione e dal folclore. Il brigantaggio è molto presente e spesso impunito, perchè i briganti facilmente ottengono la libertà pagando una somma di denaro, di cui lo stato ha sempre bisogno, Le guerre e la peste sono accompagnate da carestia, e le campagne si spopolano, ma anche le città perdono abitanti. La povertà è enormemente cresciuta e le malattie fanno stragi.
La mortalità infantile nel primo anno di vita raggiunge in alcune zone il 50%. Alcune città sono semi-diroccate. Le attività industriali ed artigiane sono frenate da scarsezza di comunicazioni, da dazi e balzelli e dalle azioni militari, sempre distruttive. Le vie sono disastrate ed il brigantaggio diffuso ne sconsiglia l'uso. Le tasse sono alte per mantenere le ingenti spese militari e le spese di corte. Il sistema fiscale è male organizzato e pesante.
Vengono sì tassati redditi e patrimoni, ma anche, a volte, le attività stesse in modo indipendente dal loro reddito, e si giunge ad avere tasse più alte dei guadagni. Ogni comune si regge con proprii ordinamenti e proprii privilegi. La giustizia è amministrata con estrema severità ed è frequente il ricorso alla condanna a morte, non solo per reati gravi. Le prigioni sono assolutamente disumane, e la tortura è pratica giudiziaria comune. Solo nella seconda metà del secolo le cose iniziano a migliorare un poco.
Ciò che continua ad essere curato ed organizzato è l'esercito, con l'introduzione di varie specialità, regole per la suddivisione in reggimenti. Viene organizzata e potenziata l'artiglieria e grande cura è posta nel progetto e costruzione delle fortificazioni.
Bisogna comunque notare che i danni portati da tanti anni di guerra all'economia piemontese, essenzialmente agricola, sono inferiori a quelli che subiscono economie più basate su finanza e commercio. Vengono introdotte nuove colture di generi provenienti dall'America, ma le terre coltivate si sono ridotte, così come i capi di bestiame allevati.
A dispetto di questo, quando la sosta tra guerre lo consente, l'agricoltura piemontese è descritta come fiorente ed abbondante, ed alimenta esportazioni, fiere e mercati. Si incrementa la coltura del gelso, che alimenta l'industria della seta. Anche la siderurgia, associata all'indostria mineraria, riceve un impulso dalle esigenze belliche.
Viene introdotto in Piemonte (Savoia) il gioco del Lotto, prima dato in concessione a fronte di un canone, poi proibito, poi ancora dato in concessione. Vista la sua redditività nasce quindi il Lotto di stato. Una cosa analoga succede per la vendita del tabacco.
Continua la vendita di feudi e di titoli associati, con meccanismi e clausole che se da una parte pare che rallentino l'accentramento del potere, dall'altra danno al Duca o Marchese, secondo i posti, strumenti per avere una nobiltà più legata a lui. Nasce un vero mercato controllato dal Signore, che diventa subito molto redditizio. Per inciso, i Benso comprano la Contea di Cavour solo nel 1649.
Alla fine del '600 Torino è di gran lunga la città più popolosa del Piemonte.
Mirò
Tutti i link ai capitoli si trovano nel post di presentazione della Piccola Storia del Piemonte
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