Piccola Storia della “Letteratura Piemontese” dalle origini ai giorni nostri
Secolo XIX
1. SECOLO XIX
Come noto, la Restaurazione incomincia, dal punto di vista politico, con il ritorno delle vecchie dinastie detronizzate da Napoleone. Nel campo della letteratura piemontese possiamo osservare in questo periodo scrittori che testimoniano la permanenza di uno spirito piemontese, non reazionario, ma inteso a conservare un modo proprio di sentire, di pensare e di vivere; inteso a difendere un mondo spirituale e morale, trasmesso di generazione in generazione come un’eredità famigliare insidiata dagli avvenimenti del tempo; inteso a mantenere una propria caratteristica civiltà.
Il secolo XIX è però caratterizzato dal Risorgimento. Dopo la tempesta della Rivoluzione Francese e l’avventura Napoleonica gli Italiani scoprono l’Italia; il sogno dei poeti e dei pensatori diventa passione di popolo, l’ideale di pochi diventa coscienza di molti. Nel ’48, dietro le bandiere di Carlo Alberto, si combatte il più agguerrito esercito d’Europa.
Nel campo della poesia piemontese troviamo alcuni importanti figure che sposano la nuova causa.
CARLO CASALIS
Sacerdote, autore del Quaresimal sacociàbil (Il Quaresimale Tascabile, 1805) formato da 36 sonetti che condensano le prediche tenute a Valenza in occasione della Quaresima da don Alessandro Gazani. Altri suoi scritti sono alcuni poemetti, sette favole con intenti moraleggianti e la commedia, in tre atti e in versi, “La festa dla Pignata, ossia Amor e conveniensa” (1804) che è stata ristampata nel 1970 a cura del Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis di Torino.
PADRE GIUSEPPE FRIOLI
Padre G. Frioli, il così detto poeta del cusinere, era un frate del convento di S Domenico, situato nel cuore della vecchia Torino, vicino alla Contrà dle pate, mercato dei ferravecchi, e alla Piassa dij Erbe, mercato della verdura. Fu il cantore del piccolo mondo che viveva tra questi due mercati. E’ il tòni popolare che risorge in pieno ottocento. La raccolta delle sue poesie è datata 1833.
GIOVANNI IGNAZIO PANSOYA
Dottore in legge, decurione e sindaco della città (1836), G. I. Pansoya fu un conservatore amante della sua città e delle sue abitudini ben ordinate e tranquille, diffidente del progresso che muta rapporti e costumi. Lo disturbano persino le nuove scoperte e le innovazioni tecniche, preferisce le cose naturali che ricreano e distendono lo spirito.
I suoi versi piemontesi sono raccolti in due volumetti:
“Ricreassion dl’Autonn …” (1827) e “Tre caprissi piemontèis” (1830).
Componimenti dal tono bonario e discorsivo in cui è fatta la satira morale del suo tempo.
L’ARMITA ‘D CAVORET
Pseudonimo del cavalier Enrico Bussolino, nato il 3 marzo 1774. Dal suo eremo di Cavoretto, dopo la brillante carriera militare, intraprese una battaglia per nobilitare il piemontese, infiorandolo purtroppo di italianismi. Voce di nobile temperamento; tutta la sua produzione discende dalla sua dirittura morale e dal suo amore per la patria piemontese.
VINCENZO ANDREA PEYRON
V. A. Peyron può essere considerato come l’allievo più fedele dell’ Armita ‘d Cavoret. Accolte in pieno le teorie del maestro, il Peyron le applica ai diversi generi poetici nei quali si esercita, convinto di nobilitare il dialetto con l’uso di parole italiane e francesi, piemontesizzate alla meglio.
Con il Peyron siamo nell’atmosfera del “Parnas Piemontèis”, almanacco che dal 1831 al 1848 raccolse i componimenti di molti rimatori, negli anni in cui la poesia piemontese trovava nel Brofferio e nel Rosa (vedi oltre i relativi capitoli) la sua più valida espressione. Era l’ambiente provinciale del vecchio Piemonte che tramontava mentre nasceva la nuova coscienza nazionale.
CESARE di SALUZZO e CESARE BALBO
Entrambi figure storiche di rilievo. Scrivono in piemontese versi patriottici.
MASSIMO D’AZEGLIO
Scrive in piemontese una parte del capitolo XVI de “I miei ricordi”: inimitabile quadretto di genere dell’alta società torinese nel 1820. Per lui l’uso del piemontese era naturale: ne abbiamo documentazione anche nella sua corrispondenza privata.
In corso di stampa a cura del Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis di Torino l’Epistolario (1820-1866).
ANGELO BROFFERIO
Nasce a Castelnuovo Calcea il 6 dicembre 1802, muore il 22 maggio 1866. Partecipa ai moti del 1821; fu arrestato e imprigionato nel 1831 per una congiura in cui era implicato. Deputato del parlamento subalpino della sinistra democratica. Avvocato, giornalista, uomo politico eloquente e generoso ma soprattutto poeta. Con le sue canzoni, in parte musicate da lui stesso, si è guadagnato molta popolarità e merita una posizione di primo piano nella poesia piemontese; oggetto della sua ironia sono i governi reazionari, i nobili conservatori e i preti che li sostengono.
Dice il Carducci: “la storia letteraria e la civile avran certo da occuparsi e dovran dargli luogo tra i più strenui e animosi combattitori per la causa del bene”.
Una raccolta di alcune sue canzoni sono state pubblicate da:
· Alfredo Nicola Colan-a Musical dij Brandé scartare n. 40 A l’ansegna dij Brandé, Turin, 1958; (vedi oltre il capitolo A. Nicola).
· A. Viglongo, Torino, 1966 in occasione del centenario della morte.
· A. Viglongo, Torino, 2002 nuova edizione per il bicentenario della nascita.
NORBERTO ROSA
Nasce ad Avigliana il 3 maggio 1803, muore 27 giugno 1862 a Susa. Deputato al Parlamento Subalpino. Collabora al “Parnas piemontèis” che raccoglieva le composizioni di piccoli poeti. Fu l’ultimo grande poeta satirico dell’ottocento. La sua ispirazione trova la sua più fresca espressione nel genere gioioso; ma diventa poesia soprattutto, quando la passione politica, suscitata dal nostro Risorgimento, offre un nuovo e impegnativo contenuto ai suoi versi. Le sue poesie piemontesi sono sparse in vecchie e introvabili pubblicazioni e in fogli volanti; finora non hanno trovato l’editore che ne pubblicasse la raccolta completa o per lo meno una scelta delle migliori.
I POST-BROFFERIANI E FULBERTO ALARNI
Dopo il trasferimento della capitale e le delusioni che emergono rispetto alle aspettative della generazione risorgimentale, la musa piemontese cambia i motivi ispiratori. La generazione post-brofferiana, fra il ’65 e l’80, si distacca dagli ideali italiani e torna a richiamarsi alle cose cittadine e alla vita della società piemontese. Così Michele Fornelli, Stefano Mina, Cesare Scotta e Quirino Trivero. La personalità più interessante di questo momento è quella del torinese Fulberto Alarni, pseudonimo d’Alberto Arnulfi (1849-1889). Con lui la poesia piemontese ritorna alla tradizione satirica e moralistica.
· “Sangh bleu”: venti sonetti del 1875, satira antiaristocratica.
· “Borghesìa”: venti sonetti del 1879, satira antiborghese.
IL TEATRO
Dopo il Risorgimento, con l’unificazione d’Italia, la poesia piemontese ha una battuta d’arresto: solo il teatro resiste. Come abbiamo già visto il teatro piemontese era già nato nei secoli precedenti, ma la sua data di nascita ufficiale è alle ore venti del 27 settembre 1857 quando il cuneese Giovanni Toselli rappresenta con la sua compagnia la “Cichin-a ‘d Moncalé” versione democratizzata, resa contadina e contemporanea della celebre tragedia “Francesca da Rimini” di S. Pellico. Altri autori importanti in questo secolo sono: Federico Garelli “Margritin dle violette” un’altra riduzione derivata dalla celebre “La dame aux camelias” di A. Dumas; nel complesso più di trenta furono i lavori del Garelli. Luigi Petracqua scrisse circa una sessantina di lavori, la maggior parte di denuncia e protesta sociale. Giovanni Zoppis scrisse una ventina di commedie. Infine i più famosi Vittorio Bersezio “Le miserie ‘d monsù Travet” e Eraldo Baretti: “Ij fastidi d’un grand òm”.
Ed ancora Quintino Carrera “J’impegnos” ed il fratello Valentino “El dné dël Comune”, Mario Leoni (pseudonimo di Giacomo Albertini) “Ij mal marià”.
Nel ‘900 però la voce del teatro piemontese si farà man mano più debole.
LA GENERAZIONE DEL “BIRICHIN”
Verso la fine dell’ottocento si affiancano diversi poeti che danno vita a una scuola (1880-1914) squisitamente e briosamente torinese, da cui trarranno ispirazione i poeti. Nasce nel 1887 il giornale “Birichin” a cura di Luigi Pietracqua, Alberto Viriglio, Giovanni Casalegno, Arrigo Frusta, Amilcare Solferini, Oreste Fasolo, Giovanni Gastaldi, Alfonso Ferrero. La pubblicazione, settimanale, dura fino al 1928, (esclusi gli anni ’17 e ’18) con una tiratura fino a 13mila copie.
LA PROSA
Mentre nella letteratura italiana dell’ottocento la prosa ha una posizione d’importanza primaria, non altrettanto si può dire per la letteratura piemontese: non prosa artistica ma quasi sempre di consumo. I nomi degli scrittori più famosi sono quelli già ricordati come collaboratori del giornale “Birichin” sottolineando in particolare il nome di Arrigo Frusta che nel ‘900, insieme a Nino Autelli, guadagnerà una posizione di eccezionale importanza nella prosa artistica piemontese.
Vogliamo inoltre ricordare Luigi Pietracqua (da semplice tipografo diventato redattore della Gazzetta del Popolo) che scrive, oltre a numerose commedie (vedi il capitolo dedicato al teatro), anche dieci romanzi attualmente ancora pubblicati dall’editore Viglongo e Luigi Gramegna, detto il Dumas piemontese, che scrive (in italiano) diciassette romanzi di storia piemontese (dal 1462 al 1870) anch’essi pubblicati da Viglongo.
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dal secolo XII al Secolo XV
dal secolo XVI al secolo XVII
secolo XVIII
secolo XIX
secolo XX
Mirò
Tratto da: Piccola storia della letteratura Piemontese dalle origini ai giorni nostri
Autore: Michele Ponte
BIBLIOGRAFIA
· Camillo Brero e Renzo Gandolfo, profilo storico di P. Pacòt,
La letteratura in piemontese dalle origini al Risorgimento, Casanova, Torino, 1967
· Renzo Gandolfo, La letteratura in piemontese dal Risorgimento ai giorni nostri
Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, Torino, 1972
· Censin Pich, La leteratura piemontèisa dal prinsipi al di d’ancheuj (sec. XII – XX)
estratti dal “Corriere di Chieri”, 1973
· Nino Costa, Poesie piemontesi (raccolta in sei volumi di tutte le poesie)
A. Viglongo, Torino, 1987
· Pinin Pacòt, Poesìe e pàgine ‘d pròsa
A l’ansëgna dij Brandé, Torino, 1967
· Francesco Antonio Tarizzo (a cura di Renzo Gandolfo), L’arpa discordata
Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, Torino, 1969
· Carlo Casalis (a cura di Renzo Gandolfo), La Festa dla Pignata, ossia amor e conveniense
Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, Torino, 1970
· Edoardo Ignazio Calvo (a cura di G. P. Clivio), Poesie piemontesi e scritti italiani e francesi
Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, Torino, 1973
· Arrigo Frusta, Fassin-e ‘d sabia
Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, Torino, 1969
· Camillo Brero, Breviari dl’anima
Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, Torino, 1969
· Alfredo Nicola, Stòrie dle valade ‘d Lans
Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, Torino, 1970
· Censin Pich (Soagnà da), Sernia ‘d pròse piemontèise dla fin dl’eutsent
Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, Torino, 1972
· Armando Mottura, Vita, stòria bela
Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, Torino, 1973
· AA.VV., Musicalbrandé, Arvista piemontèisa
Companìa dij Brandé, Turin, annate diverse
· AA.VV., La slòira, Arvista piemontèisa
Arvista dl’Associassion Coltural “La Slòira”, Ivreja, annate diverse
· Franco Lucà e Maurizio Martinotti, Musica popolare in Piemonte
Regione Piemonte, Stargrafica, Torino
· Massimo Scaglione Storia del teatro piemontese da Giovanni Toselli ai giorni nostri
Piemonte in Bancarella, Editrice Il Punto, Torino, 1998
Fonte: gli amici di “Associazione Piemontesi nel Mondo” sez. S. Paolo (Brasile)
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