lunedì 17 ottobre 2011

La giostra di Bastian non gira più

Fino a qualche anno fa, per le feste di Carnevale e di S. Secondo, veniva  piantata ad Asti una vecchia giostra, o meglio, un'antica giostra. Era la giostra di Bastian, uno di quei divertimenti semplici, immutati da generazioni, non scesi a compromessi con il modernismo degli altri marchingegni ululanti e sbuffanti aria compressa, che in movimenti nevrotici, tipici del nostro tempo, si agitavano intorno ad essa.

   La giostra di Bastian risale alla metà dell'ottocento, come testimonia un antico documento del 1° marzo 1856 con il quale l'allora Sindaco di Asti, Giovannelli, concedeva il nulla osta di circolazione a Schiavo Sebastiano (Bastian) di professione proprietario di una giostra.

Bastian, descritto dallo stesso documento come un uomo alto, di lineamenti regolari con occhi e capelli castani, fu il capostipite di una famiglia di giostrai astigiani, ultima discendente della quale è Tecla Schiavo che, con la sorella Emilia gira tuttora di città in città, per piantare una giostra, ma la giostra non è più quella di Bastian.

"Cosa vuole - mi dice Tecla - la giostra è vecchia, complicata da montare e poi così pesante. Sono parecchie centinaia di pezzi, sa' ".

Parecchie centinaia di pezzi, tutti in legno, molti dei quali fatti a mano da pazienti artigiani che, a seconda dei tempi, hanno messo qualcosa di diverso in quella grande macchina.

Rivediamola un attimo: essa è composta da un padiglione coperto di tela, sovrastato da una scultura raffigurante Gianduja; dal telaio circolare pendono una serie di aste alle quali sono assicurati i cavalli di legno che, liberi nel loro movimento, simulano un galoppo furioso. In un secondo cerchio, interno al primo, dondolano dolcemente alcune carrozze e delle figure, a metà fra la sirena ed il centauro le cui teste portano orgogliosamente il cappello piumato dei bersaglieri di Lamarmora.

Fra i cavalli di legno ce ne fu per un certo periodo (dal 1910 al 1927) uno vero, punto di transizione fra il movimento a mano e la trazione elettrica, che si chiamava, come ricordano le sorelle Schiavo, Balin. Era, più che un cavallo, una persona di famiglia che, da serio professionista, lavorava solo con la giostra; per gli spostamenti venivano affittati i cavalli dei carrettieri. Balin dovette essere venduto nel 1927 e Giuseppe Sebastiano Schiavo, il "Bastian" di allora, pianse nel vederlo portare via.

Oltre al divertimento spensierato, la giostra di Bastian aveva un'altra attrattiva, quella del giro gratis che si poteva vincere afferrando l'anello che pendeva da una sfera di legno tenuta, per mezzo di un'asta, alla portata dei cavallerizzi. Bambini e giovanotti si cimentavano in questo incruento torneo, gli uni per far durare più a lungo il prèt domenicale, gli altri per far colpo sulle ragazze che, con ostentata indifferenza, passeggiavano sulla piazza.

Ora la giostra di Bastian è ferma, in disarmo. In un vecchio cortile, sotto un polveroso telone, i cavalli riposano, lontano dai desideri dei bambini e dai ricordi degli adulti.

Il tempo fa il suo gioco e, quando nessuno sarà più in grado di piantare la giostra di Bastian quale sarà la sorte di questa semplice espressione popolare che ha occupato un posto di primo piano nelle giornate felici della nostra gente? L'attende una fine ingloriosa come legna da ardere o, tutt'al più, per alcuni dei suoi pezzi più pregevoli, in qualche bottega di antiquario Bastian non girerà più?

Se sarà così, un'altro pezzetto di noi seguirà la vecchia giostra nell'esilio in quel limbo riservato alle cose che, senza colpa, sono destinate all'oblìo.

 

     Mirò

(Estratto da "Il platano", rivista di cultura astigiana, Asti, anno II, n. 4, 1977, pp 52-54)

1 commento:

faika ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.

Posta un commento