mercoledì 12 ottobre 2011

Piccola Storia di Torino 43/58 - L'assedio di Torino del 1706

Piccola Storia del Piemonte, Capitolo 43, L'assedio di Torino  del 1706

Nella primavera del 1706 alle truppe francesi in Piemonte se ne aggiungono di nuove, provenienti da Moncenisio e Monginevro. I Francesi giungono facilmente a Torino. Il giorno 11 maggio arrivano le avanguardie alla Venaria, il 13 maggio i francesi iniziano lo schieramento attorno alla città. Le forze francesi sono ingenti, 44000 soldati appoggiate da 110 cannoni, 60 mortai e 62 pezzi da campagna.

Vittorio Amedeo II, che nell'inverno ha predisposto nuove opere di difesa e modificato quelle esistenti, come abbiamo detto, dispone di circa 6600 soldati regolari piemontesi, 1500 soldati alleati, 1500 cavalieri (ma solo 500 a cavallo), e meno di 4500 uomini della milizia cittadina. L'artiglieria conta 226 pezzi e 28 mortai. Il Duca ha attrezzato la città per l'assedio, introducendo viveri ed animali vivi da macellare (ospitati nei cortili), ma non ha una grande dotazione di polvere da sparo.

All'inizio dell'assedio, i contadini della collina riescono ancora, con un certo rischio, a far giungere in città delle vettovaglie. La collina è ancora controllata dai Piemontesi e qualche varco resta aperto. Ma la situazione si fa precaria presto, e le truppe piemontesi vengono ritirate in città. La città si prepara al bombardamento francese con provvedimenti vari (ad esempio le strade sono disselciate per diminuire la probabilità di schegge pericolose, e vengono messi in salvo, per motivi psicologici, il toro in rame simbolo della città, le campane e l'orologio del comune).

Sacra S. MicheleDal 9 di giugno inizia il bombardamento sulle difese e sull'abitato (complessivamente andrà distrutto un terzo delle case di Torino). Reparti dell'esercito piemontese si trovano in varie guarnigioni nel Piemonte e sono ridotti a poco. La cavalleria si trova a Carmagnola. Il Duca Vittorio Amedeo II ha chiesto aiuto al cugino Eugenio, che però deve arrivare dall'Austria, aprendosi la strada per il Nord Italia, prima che la città cada. Vittorio Amedeo II riesce ad uscire da Torino, sfuggendo all'inseguimento dei Francesi, e cerca di raccogliere il maggior numero di soldati nel territorio (essenzialmente conta sulla cavalleria e sui volontari Valdesi), e manovrare dall'esterno contro gli assedianti. Il comando della città è lasciato al Conte Daun, che dimostra estrema abilità nel gestire la situazione.

Il Duca raccoglie a Carmagnola dei reparti di cavalleria, si scontra con gli inseguitori francesi e li batte, trova volontari valdesi nelle valli del Pellice. La lotta è contro il tempo, perchè Torino è pressoché priva di qualunque rifornimento, nonostante le geniali trovate dei suoi abitanti e di quelli del circondario. Alla difesa della città partecipano in modo attivo tutti i suoi abitanti, comprese le donne. Queste ultime ricevono un diretto apprezzamento anche da parte dei Francesi: "voilà des femmes capables de faite la guerre aux diables". Anche i contadini fuori città danno origine ad una sorta di guerriglia di disturbo agli assedianti, nonostante le rappresaglie che questi mettono in atto.

Nei 117 giorni dell'assedio, sulla città cadono circa 150,000 cannonate. Le schegge dei proiettili francesi vengono raccolte dalla popolazione e rifuse per essere trasformate in proiettili da restituire al mittente. L'esercito piemontese ha un corpo specializzato nella cosiddetta guerra di mina (che nel periodo era praticata da tutti gli eserciti).

A partire dalla cittadella, centinaia di gallerie si diramano verso le linee francesi su due livelli di profondità. Possono servire per osservazione (o meglio, per ascolto) di quanto succede in superfice, possono essere minate e far saltare installazioni del nemico, permettono di uscire in osservazione, da passaggi nascosti. Tutte le gallerie sono protette da mine, che possono ostruire i rami eventualmente scoperti dal nemico, con sentinelle pronte ad azionarle. Anche i Francesi tentano di arrivare in galleria sotto le difese della città. Una guerra sotterranea classica del tempo. In città, a partire dall'inizio di agosto cominciano a mancare i viveri e stà terminando anche la polvere da sparo.

Il 26 agosto i Francesi sferrano un attacco che potrebbe essere risolutivo e riescono a prendere la cosiddetta "Mezzaluna di soccorso". I Piemontesi contrattaccano, respingono i Francesi, e dopo 12 ore di combattimenti riprendono la Mezzaluna con un attacco alla baionetta. La Feuillade, che aveva già mandato verso Parigi l'annuncio della vittoria, è costretto a rettificare precipitosamente.

Nella notte tra il 29 ed il 30 agosto, un gruppo di Francesi scopre una delle uscite di galleria e vi penetra. Il gruppo è piccolo e probabilmente non è in grado di fare molto danno, e l'azione non è programmata, ma le sentinelle che sentono i Francesi arrivare non possono saperlo. La consegna è di bloccare la galleria con la mina. Sono di guardia una giovane recluta ed un esperto "minatore" di nome Pietro Micca.

Costui si rende conto che la miccia è corta e non vi è tempo per provvedere diversamente. Manda via la recluta e confida nella sua abilità per far saltare la mina e salvarsi. Non considera la possibilità di non eseguire l'ordine. Non si sa esattamente cosa sia successo. La galleria esplode e Pietro Micca perde la vita nell'esplosione, Viene ritrovato alquanto distante dal fornello. Ce l'aveva quasi fatta. Forse rimane ferito e muore per il veleno dei gas dell'esplosione. Le gallerie che ancora oggi sono visitabili, sono parte del museo "Pietro Micca".

Il 31 agosto i Francesi aprono una breccia con artiglierie e mine e tentano l'attacco. I Piemontesi li respingono, e quindi riescono a sconvolgere gli attaccanti con le mine. Il loro contrattacco frutta la cattura di un cannone francese.
Vittorio Amedeo II, intanto, raccolti quanti più soldati possibile, converge su Torino. Nel frattempo arriva anche il cugino Eugenio, dalla collina di Superga, il 2 settembre si studia il piano.

Si decide l'attacco in un punto rischioso, ma che appare come escluso dalle possibilità considerate dai Francesi. Qui a Superga Vittorio Amedeo fa il voto di costruirvi una basilica in caso di vittoria. I soldati austro-piemontesi muovono verso le posizioni di partenza. Nella notte fra il 3 e 4 settembre dei falò a Superga comunicano al Conte Daun che l'attacco è imminente. I Francesi suppongono che la città stia per cadere dal diradarsi dei tiri d'artiglieria per la penuria di polvere da sparo, ed hanno deciso una strategia che conta sulla loro superiorità numerica, convinti di non poter essere battuti e di poter respingere ogni attacco piemontese con facilità.

Le posizioni di partenza sono raggiunte nei giorni 5 e 6 di settembre. Il giorno 5 settembre si colloca l'episodio che coinvolge Maria Bricca (che, assieme a Pietro Micca, ha una via dedicata in Torino). Si tratta della popolana Maria Chiaberge, sposata Bricco e dunque, come capitava tra la gente in quel periodo, indicata come Bricca (moglie di Bricco). Durante la marcia di risalita della Dora, il Duca viene informato che stà giungendo un convoglio di rifornimenti francese.

Il Duca decide di sorprenderlo e manda il Principe d'Anhalt ad attaccarlo. Quasi tutto il convoglio deve ripiegare nel castello di Pianezza, ove si trincea. Nel castello Maria Bricca ha servito per anni, conosce il modo di penetrarvi e guida il principe d'Anhalt ed i suoi uomini, che così annientano il convoglio.

I Francesi continuano ad attendere, sicuri di sé. Si arriva così al giorno 7 settembre 1706 quando, all'alba, le truppe austro-piemontesi dall'esterno muovono nel più assoluto silenzio fino a ridosso dei Francesi e poi parte l'attacco. Dall'interno della città viene predisposta ed effettuata una sortita dei Torinesi in appoggio agli attaccanti (alcuni squadroni di cavalleria verso la Stura e 2000 uomini della milizia dalla Porta di Susa, guidati dal Conte Daun e dal Marchese di Caraglio), ed i Francesi sono battuti e costretti ad una precipitosa ritirata. La sorpresa è riuscita.

Già subito dopo mezzogiorno iniziano a ritirarsi i comandanti La Feuillade ed il Duca d'Orleans, verso sera gli ultimi reparti rimasti in retroguardia, lasciando sul terreno ingenti quantità di armi munizioni e materiali vari. Appena in tempo: negli arsenali cittadini a mala pena si trovano ancora 200 chili di polveri, nemmeno sufficienti alle salve di saluto a Vittorio Amedeo. La basilica di Superga sorge ora imponente sulla collina torinese.


    Mirò


Tutti i link ai capitoli si trovano nel post di presentazione della Piccola Storia del Piemonte

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